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Coronavirus, convivere con la violenza?

La strategia adottata dall’Italia in queste settimane per contenere l’emergenza coronavirus è quella di creare “distanziamento sociale”, ovvero evitare il più possibile i contatti tra le persone, e di conseguenza limitare la trasmissione del virus che sta mettendo in crisi il sistema sanitario ed economico del nostro Paese. Anche se non c’è ancora certezza sull’efficacia di questa misura nel debellare la pandemia, per ora è importante seguirla innanzitutto per non rappresentare un pericolo per sé e per gli altri. Ci sono tuttavia alcune criticità a cui occorre pensare.

Una di queste è rappresentata dai contesti familiari in cui una donna subisce violenza. Che cosa succede a chi si trova a dover trascorrere tutto il proprio tempo in un contesto fatto di prevaricazione e abusi? Antonella Veltri, presidente dell’associazione D.i.Re., Donne in Rete contro la violenza, spiega che «ci sono estreme difficoltà. Accade che questa donna che vive già una situazione di maltrattamento nella coppia, in famiglia, si trova costretta a convivere in un momento ancora più difficile. È un’emergenza che si somma a un’altra emergenza, è una difficoltà che chi somma ad un’altra difficoltà. Siamo molto preoccupate».

La rete dei centri antiviolenza della rete D.i.Re si è comunque organizzata per rispondere all’emergenza COVID-19 e alle disposizioni emanate dal governo con la chiusura di gran parte delle attività a livello nazionale. I centri antiviolenza, quindi, rimangono aperti, anche perché tra le ragioni per cui è consentito lo spostamento, i motivi di salute e necessità rimangono garantiti. Tuttavia, non è soltanto l’accesso fisico a essere problematico. «Stiamo cercando di suggerire alle donne che sono costrette a vivere in questa dimensione di violenza all’interno delle mura domestiche – prosegue Veltri – le strategie opportune per poter chiedere aiuto, per potersi allontanare, per poter in qualche modo chiamare i centri antiviolenza che rimangono attivi con i numeri di emergenza e con tutto ciò che è possibile mettere in atto in questo momento difficile».

Un momento difficile, peraltro, testimoniato dall’evidente calo delle richieste di aiuto e supporto che arrivano dalle donne. «Evidentemente – chiarisce Antonella Veltri – non è un segnale di una violenza in calo entro le mura domestiche, ma semmai fa riferimento alla difficoltà di potersi allontanare da un partner violento e di rivolgersi alle forze dell’ordine o anche a noi per chiedere sostegno e aiuto».

La lista completa dei centri aperti è disponibile sul sito di Di.Re., ma le energie a disposizione non sono illimitate. L’associazione ha contattato la ministra alle Pari Opportunità, Elena Bonetti, chiedendo supporto alla politica, chiedendo strumentazione per far fronte all’emergenza, a partire dalle mascherine, e di attivare una sezione specifica dedicata alla prevenzione e al contrasto della violenza di genere nella pagina di domande frequenti sul sito del Dipartimento. Finora, tuttavia, non è arrivata risposta, «se non – ricorda la presidente di Di.Re. – una dichiarazione d’intenti e di disponibilità da parte della ministra per quanto riguarda la dotazione di cui abbiamo bisogno sia per quanto riguarda la disponibilità di spazi pubblici per allocare le donne che si trovano in difficoltà e devono uscire comunque dalle loro abitazioni. Noi abbiamo delle case rifugio che al momento sono tutte piene e comunque sia è molto difficile pensare di mettere nuove donne nelle case rifugio che noi abbiamo, perché evidentemente si ha paura del contagio, si ha paura, le donne che sono già dentro hanno paura del contagio. Alla ministra abbiamo chiesto maggiori disponibilità di spazi pubblici e di affrontare l’annoso problema dei finanziamenti ai centri antiviolenza, che esiste al di là dell’emergenza».