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L’allarme di Uncem. «Non lasciamo soli i paesi montani»

In questi giorni di isolamento forzato la connessione alla rete rappresenta senza dubbio una risorsa quanto mai preziosa, utile non soltanto a intrattenerci in queste lunghe ore di permanenza in casa a cui non eravamo affatto abituati, ma per molti anche e soprattutto strumento imprescindibile per continuare a distanza la propria attività lavorativa. Purtroppo non tutti dispongono degli stessi strumenti per mettere in atto quella che molti definiscono una rivoluzione nella concezione del lavoro che ha visto, solo nelle ultime settimane, oltre 500.000 persone in tutta italia passare a questa modalità, con numeri in crescita quotidiana.

Il riferimento è ovviamente alle zone montane e rurali, sofferenti per un isolamento che risulta decisivo nello spopolamento di queste località. «L’emergenza di questi giorni dimostra ancora una volta quello che sosteniamo da anni – spiega Marco Bussone, presidente di Uncem, l’Unione Nazionale di Comuni, Comunità ed Enti Montani – ossia la mancanza di connettività in tempi in cui lo smart working e il sistema di lezioni a distanza sono diventati quanto mai necessari per la prosecuzione delle attività. Il piano Banda Ultralarga è in ritardo di almeno due anni e, proprio in questi giorni, abbiamo chiesto al governo e ai parlamentari di fare fronte comune con gli amministratori locali per fare pressione sugli operatori affinché accelerino le operazioni necessarie a colmare un divario sempre più evidenti tra i grandi centri e le zone più isolate».

Ma le problematiche dei paesi montani non si limitano alle infrastrutture necessarie alla connessione: anche la mancanza di servizi essenziali, come per esempio quello postale o di vendita di alimentari, risulta in questo periodo un ulteriore punto di debolezza che si riversa inevitabilmente anche sulle altre zone del Paese. Per fare un esempio, se in un paesino di montagna non è possibile fare la spesa, va da sé che i suoi abitanti si riverseranno negli esercizi a valle, peggiorando ulteriormente lo stato di affollamento di negozi e supermercati. «Mai come oggi ci accorgiamo dell’importanza del negozio sotto casa», afferma Bussone. «In questo momento difficile questi esercizi rappresentano uno strumento importante per evitare di spostarci dai nostri comuni di appartenenza. Certamente, alla luce di quanto stiamo vivendo, bisogna riflettere sul fatto che servirsi di queste risorse debba essere una scelta da fare tutto l’anno, pena la loro scomparsa».

E se le ripercussioni reali di questo periodo di grave crisi sanitaria sono al momento difficilmente prevedibili, è giusto fin da ora tentare di trarre i giusti insegnamenti da un sistema sociale ed economico che ha visto mettere a nudo i propri limiti e le proprie debolezze. «Le emergenze devono spingere a ripensare il modello di erogazione dei servizi come quelli sanitari, socio-assistenziali e scolastici che, negli anni, hanno visto nei paesi montani e rurali tagli importanti e che oggi risultano fondamentali. Come ripartirà il paese sarà una questione che deve riguardare tutti e non soltanto i grandi centri».

Foto: Marco Bussone