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La memoria, tesoro prezioso o gabbia?

Osserva i comandamenti del Signore tuo Dio; cammina nelle sue vie e temilo
Deuteronomio 8, 6

Tu, invece, persevera nelle cose che hai imparate e di cui hai acquistato la certezza, sapendo da chi le hai imparate
II Timoteo 3, 14

La memoria è qualcosa che contraddistingue l’umanità, un privilegio che Dio ci ha dato rispetto ad altre creature che sembrano vivere più giorno per giorno, senza tramandarsi una memoria del passato e dei suoi avvenimenti accaduti in tempi anche molto lontani. Però sappiamo che la memoria può evolvere anche in qualcosa di negativo: una gabbia quando non in un’ossessione. Ricordiamo il passato trasformandolo in un idolo, lo glorifichiamo come se solo quello che è accaduto ieri o l’altro ieri fosse importante e l’oggi e il domani non esistessero. Avviene a livello collettivo – quante identità nazionali si fondano sulle glorie del passato o su ingiustizie reali o presunte accadute molte generazioni prima, come bloccate, incapaci di concedere ad altri popoli il beneficio del dubbio, la possibilità di essere cambiati nel tempo, anche grazie alla memoria dei propri errori. Avviene a livello personale: se è giusto che facciamo della nostra memoria un tesoro, un bagaglio da utilizzare nel corso degli anni che ci aspettano, c’è sempre il rischio che essa diventi una corazza impenetrabile. È per questo motivo che la Scrittura ci invita a seguire un percorso che parte da due punti fondamentali: che cosa abbiamo imparato ma anche da chi le abbiamo imparate. Dalle nostre esperienze? Dai mille insegnanti che abbiamo conosciuto negli anni? Da incontri imprevisti ma non per questo meno significativi? Mantenere entrambe le strade aperte ci aiuta a non fare della nostra memoria l’unico punto di riferimento e a riconoscere che non tutto ciò che sappiamo e siamo deriva dai risultati nostri, ma anche dalle esperienze, i successi e i fallimenti di chi ci ha preceduto. Con questa certezza possiamo perseverare in una vita benedetta.