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Giornata mondiale di preghiera: Alzati e cammina

Un albero di jacaranda rinsecchito su uno sfondo scuro, e poi un’alba sfolgorante: è come un racconto biblico, da leggere da destra a sinistra, il dipinto che l’artista Nonhlanhla Mathe ha dedicato al tema della Giornata mondiale di preghiera (Gmp) di quest’anno: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina. Al centro, le rovine del Grande Zimbabwe, l’impero precoloniale, e la bandiera nazionale, verde per la natura lussureggiante, gialla come le ricchezze minerarie, rossa del sangue versato per l’indipendenza, nel 1980, nera come la maggioranza dei suoi abitanti. 

Una storia gloriosa, quella dello Zimbabwe, già “granaio d’Africa”, e ora Paese in ginocchio, desertificato per una sciagurata riforma agraria e una siccità che prosciuga persino le cascate Vittoria, patrimonio Unesco, portando al black-out energetico; uno Stato con la disoccupazione all’80% e una popolazione giovanissima – minacciata da Aids e colera – che sta emigrando altrove, mentre la corruzione politica del dopo Mugabe dà terreno fertile agli investimenti cinesi. Eccolo, lo Zimbabwe, nel dipinto di Mathe, accasciato a terra: ma c’è una donna che gli tende la mano, per rialzarlo, e sono le donne le protagoniste del quadro, come della vita economica e sociale dello Zimbabwe. 

Straordinaria l’intuizione dello psichiatra Chibanda, che, per far fronte alla scarsità di colleghe e colleghi (uno ogni milione e mezzo di abitanti), nel 2005 inventò la “panchina dell’amicizia”, istruendo le donne più anziane a prestare soccorso piscologico, con la loro esperienza e saggezza, alle persone depresse: ora il programma s’è diffuso in tutto il mondo, e quando Chibanda ha visitato le panchine dell’amicizia a New York s’è stupito di quanto i problemi siano simili ovunque. 

Così è anche per la Gmp: ogni anno a proporre il tema e i testi della celebrazione ecumenica sono donne cristiane di un Paese diverso, ogni anno il primo venerdì di marzo ci si immerge nella storia, nelle tradizioni, nei problemi di luoghi lontanissimi, e ogni anno, nei 150 Paesi del mondo in cui si tengono le celebrazioni, si sperimenta la grazia di sentirsi tutte e tutti profondamente connesse e connessi, proprio come ben rappresenta il logo della Gmp: quattro angoli per i quattro punti cardinali, in cui si riconosce, stilizzata, una donna che prega; i quattro angoli formano una croce, che campeggia su un cerchio, il globo terrestre. Donne che da ogni latitudine si incontrano, nella preghiera, secondo il motto: «informarsi per pregare, pregare per agire»; perché così è nata la Gmp, dall’intuizione di donne evangeliche statunitensi che a fine ‘800 hanno incrociato due urgenze: la preghiera per la giustizia e la pace da una parte, e l’aiuto concreto alle missioni dall’altra.

Poi nel 1969 l’ingresso di movimenti cattolici, che la trasformano in Giornata interconfessionale; e nel 2000 la costituzione, per l’Italia, di un Comitato nazionale, di cui fa parte anche la componente ortodossa: e così la Gmp è diventata strumento prezioso di “ecumenismo dal basso”, sia per i Paesi via via chiamati a livello nazionale a preparare la liturgia sia per le singole città del mondo in cui ogni anno il gruppo organizzatore coinvolge le Chiese per celebrare insieme, allargando sempre più il cerchio, uomini compresi.

Quest’anno la colletta finanzierà il programma “Tabitha”, a Harare: una sartoria per vedove impiantata da Paolo Meloni, della Chiesa battista di Cagliari, nell’ambito del Progetto Zimbabwe dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia: Tabitha, discepola e sarta, guarita da Pietro (Atti 9) ringrazierà così il paralitico che sul suo lettuccio attende invano di entrare nelle acque agitate che risanano (Giovanni 5 , 2-9a: il brano scelto per questa Gmp). 

In un’Italia afflitta dal nuovo virus, o forse più dalla paura, micidiale catalizzatore di egoismo, la domanda di Gesù mette i brividi: «Vuoi guarire?»; domanda per tempi incerti come il nostro, conficcata all’inizio del Tempo di Quaresima/Passione, per trovare una risposta quaranta giorni dopo, nell’alba sfolgorante annunciata a braccia aperte da una donna con l’abito di festa: le stesse braccia che rialzano afflitti e abbracciano i più piccoli, nella logica del pregare per agire