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La comunicazione secondo il Censis

Che c’è di nuovo nel «menù» mediatico italiano? 

Nulla sembrerebbe, a prima vista. Tuttavia, ciò che negli ultimi anni era una traccia, un sintomo, è diventato una tendenza dominante. 

Si è affermato il fenomeno della «transmedialità», lo ricorda il sedicesimo Rapporto del Censis, uno studio realizzato in collaborazione con la Rai, l’Agenzia AgiTv2000 e Mediaset.

Se per un verso, ci dice il Rapporto, la televisione rimane centrale è il messaggio a prevalere sul mezzo. 

Diminuisce la fruizione dei contenuti attraverso lo schermo del televisore (Festival di Sanremo a parte) ma aumenta medianteInternet (Web tv e smart tv salgono al 34,5% dell’utenza: +4,4% in un anno; mobile tv in grande ascesa, passando dall’1% del 2007 al 28,2% di oggi). 

Non è un caso se la spesa per l’acquisto di telefoni di nuova generazione è quadruplicata. Incrementano, in generale, le vendite di computer e accessori adatti.

Il ricco «menù» mediatico è spesso costruito proprio sulla miscela tra i diversi mezzi.

Regge bene, invece, la radio. 

Da sempre un medium eclettico e versatile, capace di interagire agevolmente con pc e smartphone, nonché  nell’ambiente digitale. 

A non andare bene è il settore dei libri: solo il 41,9% delle persone legge almeno un volume all’anno.

Né gli e-book hanno compensato le perdite. 

I giornali. 

Il rapporto mostra un certo ottimismo. Pare arrestarsi la caduta verticale delle vendite della carta stampata. Mentre le edizioni on line aumentano la loro fruizione, in un anno, solo dello 0,1%. Purtroppo però, soprattutto nelle grandi città, il Censis segnala l’inquietante chiusura di moltissime edicole.

Il Rapporto si cimenta, infine, sull’affascinante tema della costruzione delle identità. Una sorpresa c’è: i media tradizionali rimangono cruciali nella formazione dell’opinione pubblica e della coscienza, ancorché un po’ ibridati. I telegiornali sono sempre al posto di comando ma Facebook ha anche un suo posto in vetta.