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Brecht e l’accoglienza ai tempi dello ius soli

Si fa un gran parlare di cittadinanza, da un lato in relazione al reddito, dall’altra in relazione al cosiddetto ius soli, ossia al diritto, per i nati in Italia da genitori stranieri, di essere italiani a tutti gli effetti, senza discussione, mentre oggi la richiesta di cittadinanza può avvenire soltanto avendo compiuto i 18 anni (legge n.21 del 1992).

Mi sono ricordato, in proposito, di un famoso scritto di Bertold Brecht che parla proprio di cittadinanza e dell’esame di conoscenza della lingua inglese, che deve essere sufficiente per ottenerla. Fa bene rileggerlo…

«A Los Angeles davanti al giudice che esamina coloro che vogliono diventare cittadini degli Stati Uniti venne anche un oste italiano. Si era preparato seriamente ma a disagio per la sua ignoranza della nuova lingua durante l’esame alla domanda: che cosa dice l’ottavo emendamento? rispose esitando: 1492.
Poiché la legge prescrive al richiedente la conoscenza della lingua nazionale, fu respinto. Ritornato dopo tre mesi trascorsi in ulteriori studi ma ancora a disagio per l’ignoranza della nuova lingua, gli posero la domanda: chi fu il generale che vinse la guerra civile? La sua risposta fu: 1492 (con voce alta e cordiale). Mandato via di nuovo e ritornato una terza volta, alla terza domanda: quanti anni dura in carica il presidente? rispose di nuovo: 1492. Orbene il giudice, che aveva simpatia per l’uomo, capì che non poteva imparare la nuova lingua, si informò sul modo come viveva e venne a sapere: con un duro lavoro. E allora alla quarta seduta il giudice gli pose la domanda: quando fu scoperta l’America? e in base alla risposta esatta, 1492, l’uomo ottenne la cittadinanza».

C’è poco da aggiungere salvo il fatto che si po’ offrire a chi arriva nel nostro paese un po’ di accoglienza senza venire meno al rispetto delle leggi.