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La Chiesa luterana in Honduras denuncia i mali che portano all’emigrazione

La Chiesa cristiana luterana dell’Honduras (Iclh) continua a fa sentire la propria la voce e a denunciare la corruzione, la povertà e l’ingiustizia che hanno costretto centinaia di migliaia di persone a fuggire verso nord, in Messico e negli Stati Uniti in cerca di pace e sicurezza. Accanto ad altre chiese e organizzazioni della società civile, i membri dell’Iclh hanno preso parte alle proteste alla fine di gennaio, denunciando le politiche di un governo che accusano di trascinare il paese in un’acuta crisi sociale ed economica.

Il 29 gennaio i membri della chiesa hanno preso parte a un’azione ecumenica all’esterno del Congresso Nazionale nella capitale di Tegucigalpa. Tra le politiche contro le quali stavano protestando c’era la decisione del governo di non rinnovare il mandato della Missione per sostenere la lotta contro la corruzione e l’impunità in Honduras (Maccih), istituita dall’Organizzazione degli Stati americani nel 2016 per indagare sulle accuse di corruzione da parte di pubblici funzionari e cittadini privati.

Due giorni prima, i manifestanti hanno preso parte a una protesta nell’ambito degli eventi in occasione della Giornata delle donne dell’Honduras, denunciando il governo del presidente Juan Orlando Hernandez, del quale hanno contestato l’elezione da quando è stato dichiarato vincitore del ballottaggio del novembre 2017. Diverse persone sono morte nelle proteste legate alle elezioni, mentre il presidente non ha rispettato la sua promessa di abbattere la criminalità organizzata, la violenza contro le droghe e la guerra tra bande. Il paese continua ad avere uno dei più alti tassi di omicidi pro capite al mondo.

«Come chiesa, testimoniamo attraverso la nostra voce profetica per annunciare la buona notizia della salvezza, ma anche per denunciare tutte le azioni negative che mettono a rischio quella buona notizia della salvezza», afferma il pastore Rolando Antonio Ortez Martinez, Presidente dell’Chiesa luterana in Honduras e uno dei principali promotori del movimento di protesta. Mentre i membri della chiesa pregano per la pace e la giustizia, dice, accompagnano anche i poveri e lottano con loro «per giuste cause, come la libertà, il diritto alla terra, l’acqua, l’educazione, la salute e soprattutto per preservare la natura e tutto l’ambiente che ci circonda, ma che le multinazionali ci stanno rubando».

I manifestanti chiedono azioni contro i crimini tra cui il femminicidio e l’estorsione che sono in aumento. La disoccupazione, la mancanza di istruzione e l’assistenza sanitaria sono ulteriori fattori che spingono molte famiglie a unirsi alle carovane di persone che si dirigono a nord nella speranza di ottenere l’asilo negli Stati Uniti. I dimostranti osservano che la disuguaglianza sta aumentando, con quasi la metà della popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà, mentre gli stipendi dei politici e del personale militare continuano ad aumentare.

«Proviamo dolore e tristezza nel vedere donne e uomini che lasciano il Paese in cerca di un futuro migliore», continua il pastore Ortez Martinez. In questo contesto, aggiunge, la chiesa vede il suo ruolo di «una voce che urla nel deserto», ricordando che Gesù stava a fianco «degli emarginati della società» ed è stato messo a morte per essere «contrario a un sistema oppressivo». La chiesa è chiamata ad essere una voce profetica, conclude, «annunciando, ma anche denunciando» tutto ciò che ostacola la giustizia e la dignità per il popolo dell’Honduras.