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Imboccare la via della conversione

Questi comandamenti, che oggi ti do, ti staranno nel cuore, li inculcherai ai tuoi figli, ne parlerai
Deuteronomio 6, 6-7

Lo scopo di questo incarico è l’amore che viene da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera
I Timoteo 1, 5

Nella visione ebraica della fede al primo posto non sta un determinato contenuto dottrinale ma l’agire in accordo con i comandamenti. A differenza del cristianesimo non ci sono nell’ebraismo né una confessione di fede considerata normativa da tutti né un’autorità dottrinale esclusiva. Attraverso la sua lunga storia l’ebraismo ha mantenuto la sua specificità più in un determinato modo di vivere che in una dottrina unitaria.

Se guardiamo alla storia del cristianesimo scopriamo facilmente l’esatto opposto. Conflitti dottrinali, dibattiti teorici su norme etiche, su visioni morali – talvolta molto moraliste – continuano tuttora. Quanto invece all’agire quotidiano, non sembra che le cristiane e i cristiani di tutte le confessioni (chi di più, chi di meno) oggi si distinguano particolarmente dagli altri abitanti del nostro pianeta, salvo qualche rara eccezione.

Un’ebrea, un ebreo praticanti non percepiscono i comandamenti (mitzvot) come gabbie che limitano la loro libertà di agire ma come il più grande dono del Creatore. I 613 precetti e divieti ebraici sono strumenti efficaci per vivere in armonia con tutto ciò che esiste. Chi sbaglia, chi esce fuori strada, può sempre contare sulla possibilità di imboccare la via della conversione (teshuvah– ritorno, inversione di marcia). Tale conversione, nel pieno senso della parola ebraica, è oggi la più urgente sfida che il cristianesimo deve affrontare. Da una parte cresce e si diffonde un lassismo deleterio, dall’altra si predica un moralismo soffocante. La soluzione tuttavia non è quella di collocarsi in mezzo ai due estremi bensì di ritornare a Colui che è “il termine della legge, per la giustificazione di tutti coloro che credono” (Romani 10, 4).