fake-news

Gli stranieri ci invadono?

Lo stereotipo è, per definizione, un’opinione «precostituita, generalizzata e semplicistica, che non si fonda cioè sulla valutazione personale dei singoli casi ma si ripete meccanicamente, su persone o avvenimenti e situazioni». 

Lo stereotipo ha quasi sempre, dunque, una base di verità, dato che generalmente nasce dall’osservazione empirica di un elemento realmente esistente. 

La distorsione sta però nella generalizzazione di quel dato, che viene quindi utilizzato come modello anche in contesti e ambiti differenti: «Gli stranieri ci invadono? Ecco un’altra fake newssull’immigrazione, alimentata da una teoria complottista nota come “piano Kalergi”. Dati alla mano, vediamo perché non è così», lo afferma la Fondazione Moressa (Studi e ricerche sull’immigrazione e l’economia) nel suo ultimo Rapporto: Gli stranieri ci invadono? – Analisi e considerazioni sulle dinamiche demografiche in corso in Italia e in Europa.

Allo scopo di diffondere la conoscenza del valore economico degli stranieri in Italia, la Fondazione Leone Moressa (nata nel 2002 da un’iniziativa della Associazione Artigiani e Piccole Imprese di Mestre Cgia) promuove la ricerca scientifica rivolta allo studio dell’immigrazione attraverso la raccolta e l’elaborazione di dati e informazioni sul fenomeno migratorio e sui rapporti multietnici.

I dati analizzati dall’istituto di ricerca e resi pubblici consentono di affermare che non c’è un «pericolo d’invasione dell’Italia (e nemmeno dell’Europa) da parte degli immigrati». 

Anzi, «il declino demografico in corso richiederà in futuro una maggior presenza di forza lavoro giovane, per controbilanciare l’aumento della componente anziana», in continuo aumento.

La migrazione è un fenomeno globale, non coinvolge solo l’Italia o l’Europa. 

Secondo le Nazioni Unite sono 272 milioni le persone residenti in un Paese diverso da quello di nascita (migranti internazionali), ovvero il 3,5% della popolazione mondiale. 

Si tratta di un fenomeno che coinvolge tutti i continenti, tanto che i primi Paesi per numero di immigrati sono Stati Uniti, Arabia Saudita, Germania e Russia.

«La migrazione – si legge ancora – non segue necessariamente una rotta Sud-Nord, ma generalmente si realizza tra paesi vicini, nella stessa regione geografica. Questo è ancor più vero per le migrazioni forzate (c.d. profughi): il 58% dei profughi nel mondo è ancora all’interno del Paese d’origine (sfollati interni), mentre i principali Paesi di accoglienza sono Turchia, Pakistan e Uganda».

Nemmeno l’assunto che la migrazione proceda da Paesi poveri a Paesi ricchi è valido in assoluto.

«Negli ultimi anni l’Ue ha registrato tassi di crescita nettamente inferiori rispetto alla media mondiale e soprattutto rispetto alle aree principali di emigrazione, come Africa e Asia. In tutta l’Ue la popolazione straniera (includendo cittadini comunitari in altri Paesi membri) rappresenta il 7,8% della popolazione totale. Presentano valori sopra la media i Paesi più popolosi come Germania (11,7%) e Regno Unito (9,5%). L’Italia, con 5,2 milioni di stranieri residenti, si colloca leggermente al di sotto degli altri grandi Paesi Ue, caratterizzati peraltro da una storia migratoria più lunga e da continuità linguistiche e culturali con i Paesi d’origine».

Negli ultimi anni, anzi, l’immigrazione in Italia è diminuita: «i Permessi di Soggiorno per lavoro sono stati ridotti drasticamente (-96,1% dal 2010 al 2018), mentre l’aumento dei motivi umanitari non ha comunque portato questa componente ad essere la principale, seconda dietro ai ricongiungimenti familiari.

Gli immigrati presenti oggi in Italia, dunque, non sono principalmente quelli arrivati negli ultimi anni via mareSono invece in maggioranza nazionalità radicate nel nostro Paese da almeno vent’anni, come Romania, Albania, Marocco, Cina, Ucraina. Anche l’identikit dell’immigrato in Italia è profondamente diverso rispetto a quello che comunemente si immagina: si tratta in prevalenza di donne (51,7%), di cittadini di provenienza europea e di religione cristiana».

Tornato alla ribalta con la crisi migratoria del 2015, il «piano Kalergi» è un’ipotesi di complotto «che va per la maggiore negli ambienti della destra radicale europea – scrive Alberto Magnani su Il Sole 24 Ore sfatando una serie di miti complottistici e spiegando l’ossessione legata a George Soros – , con ampia visibilità anche nella politica nazionale e nei talk show italiani. In sintesi, si tratta di un progetto di sostituzione etnica per rimpiazzare i cittadini europei, rincalzandoli con la deportazione di masse da altri continenti. L’ispiratore sarebbe stato Richard Nikolaus Eijiro, meglio noto appunto come conte di Coudenhove-Kalergi: un politico austriaco-giapponese, pioniere teorico del paneuropeismo (una corrente di pensiero favorevole all’integrazione europea, poi confluita nei progetti politici comunitari). Davvero il conte di Kalergi pianificava una sorta di «genocidio bianco» a danno dei cittadini europei? Come è prevedibile, no.

In una pubblicazione del 1925, «Praktischer idealismus» (Idealismo pratico), Kalergi parla effettivamente di «meticciato» (Rassenmischung), ma in un’ottica ben diversa da quella che gli è stata attribuita decenni dopo. Il meticciato in questione si riferisce all’integrazione fra popoli europei, come argine alle conflittualità che sarebbero esplose di lì a breve nella seconda guerra mondiale. La versione complottista dell’idealismo di Kalergi è successiva e “merito” di Gerd Honsik, un neonazista austriaco morto nel 2018 e noto per le sue pubblicazioni negazioniste. In un libro del 2005, intitolato «Fermiamo il piano Kalergi!», Honsik attribuisce al politico il progetto di un «genocidio per annientare i popoli europei attraverso le migrazioni dall’Africa e dall’Europa».