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Convegno della Diaconia valdese: «Prima gli ultimi»

Raccontare, testimoniare, le differenze, non basta. Per “passare ai fatti” ma riflettere anche sul vocabolario che si usa quando si spiegano le disuguaglianze si è svolto oggi a Roma il convegno della Diaconia valdese ‘Oltre le parole’.

L’appuntamento è stato introdotto da Giovanni Comba, presidente della Diaconia valdese (Csd), con la moderatora della Tavola valdese Alessandra Trotta Luca Baratto, segretario esecutivo della Federazione delle chiese evangeliche in Italia. 

Luca Baratto, che ha portato i saluti del presidente e del consiglio Fcei, Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, al convegno, ha ricordato come «disuguaglianze, accoglienza e inclusione siano parole che la Federazione declina soprattutto nell’ambito dei programmi per i rifugiati e i migranti, nell’esperienza dei corridoi umanitari».

«Le parole hanno un peso – ha continuato Baratto –. Il peso delle parole non sta nel loro pronunciarle, ma nella realtà che descrivono o nascondono. Le parole creano il mondo. Lo dice la Bibbia, nel racconto della Creazione. Buon comunicatore non è colui o colei che convoglia nel modo più efficace i propri contenuti ma chi crea un mondo buono, buono nel senso della Creazione, volto alla pace e alla giustizia».

Il primo panel della mattinata, moderato dall’avvocata Ilaria Valenzi, ha avuto come focus i “prodromi della disuguaglianza”. 

Per Fabrizio Barca, presidente del Forum Disuguaglianze Diversità, «La mappa della rabbia, il voto ai partiti autoritari, è la mappa rurale dell’Europa, delle aree abbandonate, che sono rimaste fuori dell’attenzione delle politiche».

«Le cause? – ha continuato Barca – sono per lo più alibi: globalizzazione, cambiamenti tecnologici, società liquida. Certo che possono essere elementi che aumentano le disuguaglianze ma sono principalmente alibi».

Emergono invece, «le identità di razza, come diceva Angela Davis» e «la cattiva scelta ha un nome: progetto neoliberista. Questo sistema, si è pensato, da solo creerà ricchezza e benessere, lo lasciamo andare, auto regolarsi e così ha modificato il senso comune. il pensiero neoliberista vuole uno Stato grande ma che sia passivo, l’esempio più semplice ne sono le città». Il paradigma neoliberista avrebbe dunque, secondo l’economista e già ministro nel governo Monti, cambiato il significato di parole ed elementi-chiave della società.

«La parola “pubblico” che è comunque sempre peggio che privato. La parola “merito”: negli anni del dopoguerra fare impresa era fare un profitto ma era anche il segno che quell’imprenditore dava alla comunità. Cosa fare diventa allora chiaro: se sono state delle scelte a creare le disuguaglianze, vuol dire che dobbiamo cambiarle con un approccio di sistema. Vuol dire che va benissimo cambiare le cose nel nostro piccolo ma che insieme dobbiamo farlo. Esiste ed è importante il livello extra nazionale, come gli accordi Trips (accordi sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale, ndr), solo per fare un esempio, ma il mondo lo possiamo anche cambiare nei luoghi in cui siamo, anche con proposte “piccole”. Recuperiamo – ha concluso – la parola avversari: ci sono delle persone che sono avversarie, e a volte è anche un pezzettino di noi stessi che si oppone a quello che possiamo fare, dobbiamo allearci».

Nell’intervento successivo Mons. Nunzio Galantino ha ragionato sull’etimologia di alcuni termini, come ad esempio la parola “confine”: «che vuole dire realtà che permette di affacciarmi dall’altra parte e guardare».

Occorre, secondo il prelato, trovare «un modo per recuperare la bellezza della parola» e «ritrovare un equilibrio tra parole e silenzio, che ci fa essere un po’ veri, ci fa essere essenziali, consapevoli che c’è anche un tempo per tacere». 

La pastora valdese Letizia Tommassone ha quindi puntato l’attenzione sulla prospettiva di genere del problema delle disuguaglianze, sottolineando «lo sradicamento e l’alienazione» che questo rappresenta, in particolare per le donne migranti, molte delle quali occupate nel lavoro di cura.

Franco Salvatori, professore ordinario di geografia presso l’università Tor Vergata di Roma, ha partecipato all’incontro con un intervento su “Abitare oggi, le sfide sociali, politiche e culturali”, offrendo cioè un ampio sguardo sulle «sfide connesse all’abitare oggi, che vanno dal sociale all’economico, fino al livello culturale dell’attuale sviluppo urbano».

Infine, ultimo relatore della mattinata è stato Antonio Mumolo, Presidente di Avvocati di strada Onlus, che ha affrontato il tema “Il diritto alla casa e alla residenza”, focalizzato in particolare sui problemi connessi all’iscrizione anagrafica e alla residenza delle persone migranti, oltre che sulle conseguenze dei due decreti sicurezza, «che sarebbero da chiamare decreti insicurezza».

 «Solo un anno fa il clima e l’esasperazione nei confronti dei migranti era all’apice del nostro paese. Fino allo scorso agosto eravamo di fronte a una vera e propria bolla di violenza, alimentata dal sistema di informazione e favorita da una certa involuzione politico democratica» ha ricordato Gianluca Barbanotti, Segretario Esecutivo della Diaconia Valdese, aprendo la sessione pomeridiana sul tema del diritto all’abitare del convegno “Oltre le parole. 

«Oggi il clima sociale è cambiato, ma politicamente non è cambiato nulla. Perché i decreti sicurezza sono ancora lì», ha ribadito Barbanotti: «non ci basta che siano modificati, occorre che siano aboliti». Poi ha aggiunto: «chiediamo un provvedimento di regolarizzazione delle persone che proprio a causa dei decreti sicurezza sono state sbattute in strada». Infine Barbanotti ha concluso il suo intervento, “Prima gli ultimi”, elencando una serie di richieste che la Diaconia valdese chiede al mondo della politica. Cose semplici, come: «il diritto alla residenza, il riconoscimento della cittadinanza italiana per i minori nati in Italia, affrontare la questione dei dublinati, il sostegno incondizionato alla proposta della Federazione delle chiese evangeliche dei corridoi umanitari europei». In altre parole, di attivare politiche adeguate in materia di migrazioni, specialmente. Più in generale, «di dar voce a quelle categorie che non hanno voce».

Chi sono gli ultimi, a partire da una lunga digressione storica e politico-filosofica, l’ha spiegato il direttore del Centro Studi e della rivista Confronti Claudio Paravati, intervenendo subito dopo il segretario generale della Diaconia valdese. «Gli ultimi sono i corpi che esistono e resistono. Nelle carceri, negli ospedali. Chi soffre. Chi chiede di essere ascoltato». Ha concluso Paravati: «Gli ultimi sono coloro che devono prendere parola. Gli ultimi possiamo essere anche tutti noi». 

«In questo senso la città che ci ospita oggi, Roma, è una città cardine delle rappresentanze diseguali, delle disuguaglianze sociali» ha detto il pastore valdese Ciccio Sciotto introducendo l’intervento dell’ ex senatore Walter Tocci – amministratore pubblico di lungo corso ex assessore comunale alla mobilità di Roma al tempo delle giunte Rutelli.

Alla domanda fatta da Ciccio Sciotto: «Se è possibile pensare a prospettive più ottimistiche relative al diritto all’abitare», Tocci ha ricordato con orgoglio l’esperienza del sindaco Petroselli, l’eliminazione dell’ultimo borghetto a Roma nel 1978, «luoghi fatti di baracche che non avevano acqua, luce e fogna, nella più grande città abusiva d’Europa. Ci sembrava l’inizio ma è stata una brevissima parentesi», ha ricordato Tocci: «come quel momento storico sia stato caratterizzato dalla più grande opera di redistribuzione della ricchezza mai fatta in una città italiana». E poi ha concluso: «alcune di queste politiche abitative, di eccessiva concentrazione urbana, Viste oggi, appaiono sbagliate. Quello che è certo è che da 30 anni a Roma e in Italia non esiste una politica dell’abitare. Tutto è affidato al mercato, anzi, al monopolio della rendita, che non fa altro che sfruttare il valore d’uso creato dal pubblico». 

Infine, di contrasto all’emergenza abitativa, progetti specifici per particolari categorie di vulnerabili, social housing, studentati, “Nuove forme dell’abitare: esperienze di housing ed empowement”, dunque, dei progetti per l’abitare della Diaconia Valdese, ha parlato Loretta Malan. A cui sono seguite le conclusioni di Camillo Ripamonti, Direttore del Centro Astalli, con il suo intervento su “Gli stranieri e la casa”. Oltre le parole, le azioni delle chiese per ridurre le disuguaglianze.