1101978170_univ_lsr_xl

Ci trattarono con gentilezza

Quest’anno la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (Spuc) è pensata dalle chiese cristiane presenti sull’isola di Malta, un piccolissimo Stato, una Repubblica indipendente che parla inglese, e si trova tra Lampedusa e la Sicilia. Uno degli stati più fermi, in questi anni, nel respingimento dei barconi carichi di persone in fuga, uno degli stati meno disponibili a fare approdare navi di salvataggio migranti.

Che cosa fanno le chiese cristiane maltesi? Propongono il naufragio di Paolo nei capitoli 27 e 28 del libro degli Atti, della nave su cui l’apostolo Paolo è uno dei prigionieri che i centurioni romani devono portare a Roma, in quelle stesse acque dei naufragi di questi anni. Un naufragio di 276 persone che comprendono i marinai che fanno gli scafisti, e sono pronti a scappare dall’imbarcazione pur di salvarsi, votando a morte tutti gli altri; i prigionieri, tra cui Paolo, che dovevano essere processati a Roma; i soldati, centurioni romani, che pensano di uccidere tutti i prigionieri pur di non farli scappare, tranne uno di loro che ha preso l’apostolo sotto la sua protezione e che, pur di salvare Paolo, evita la strage degli altri e spinge tutti a gettarsi dalla nave che nel frattempo si è incagliata in una secca: prima quelli che sanno nuotare, poi gli altri che si aggrappano sui rottami della nave. «E così avvenne che tutti giunsero salvi a terra» (27, 44). L’autore del testo biblico registra che erano 276 su quella nave, un numero di persone davvero grande, un numero simile a quelli di questi anni, sulle stesse coste, sugli stessi scogli. Nel naufragio del 3 ottobre 2013 sulle coste di Lampedusa si salvarono poche decine di ragazzi e ne morirono 368, un’ecatombe; e dopo quello molti altri, centinaia e centinaia di morti, uomini, donne, bambini, neonati morti nascendo. Come Aylan Kurdi, il bambino siriano con la maglietta rossa, la cui foto fece il giro del mondo, trovato morto sulla spiaggia di Bodrum, Turchia. La sua famiglia scappava dalla guerra, da Kobane e voleva andare in Canada.

Il versetto 2 del capitolo 28 dice che i salvati scoprirono di essere su una terra chiamata Malta e che i suoi abitanti «Ci trattarono con gentilezza», o, come dice la traduzione della Riveduta, «Usarono verso di noi bontà non comune». Ci trattarono con gentilezza è il versetto che campeggia in grassetto sulla copertina del libretto della Spuc 2020. Oggi i cristiani di Malta leggono la Bibbia nella Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che dice che gli abitanti di Malta hanno accolto i profughi di allora e non solo li hanno lasciati sbarcare: li hanno accolti con una gentilezza non comune e li hanno fatti riscaldare intorno a un fuoco, tutti, senza distinguere tra soldati che erano pronti a uccidere tutti i prigionieri, marinai che erano pronti a scappare e a lasciar morire tutti gli altri, o prigionieri. Perché questa è l’etica del mare, che i naufraghi siano accolti con bontà, che vanno riscaldati con il fuoco e con la gentilezza, ma questa è anche, dice il racconto degli Atti, la volontà di Dio.

Grazie curatori maltesi della Settimana di preghiera del 2020! La vostra scelta, la scelta di quel testo biblico è formidabile, è, di per sé, una predicazione. Scegliere a Malta di far riflettere tutte le chiese d’Europa sul naufragio di una barca sbattuta dalle onde e spezzata dagli scogli, i cui viaggiatori si salvano e vengono accolti con amore dagli abitanti dell’isola, significa dire che nella Bibbia, grazie a Dio, c’è scritto che non si lascia morire la gente in mare, non la si lascia in preda alla disperazione, ma la si accoglie con bontà “non comune”.

Ma questo testo è scritto certamente per raccontare il viaggio dell’apostolo Paolo e le sue “gesta” nello stile apologetico del libro degli Atti, che raccontano la cura e la provvidenza di Dio per il suo testimone che con l’aiuto di Dio salva la composita e molto umana comunità di naviganti, la incoraggia con la sua fiducia, si nutre e la nutre “spezzando il pane” insieme ai suoi compagni e “dopo aver reso grazie”. E quel pasto, come dice Giovanni Miegge nel suo commento agli Atti (Claudiana 1949), «sulla tolda della nave sbattuta dalle onde, fu certamente per l’apostolo e per i cristiani che erano con lui, una commuovente Santa Cena».

I confini della comunità cristiana non sottostanno ai nostri criteri ma rispondono a quelli del Signore, si può condividere il pane dopo giorni di digiuno e scoprire, in quel pane spezzato con ringraziamento, in quel pane che dà forza al corpo e allo spirito, la comunione gli uni con gli altri e con il Signore e toccare infine la terra ed essere accolti da stranieri che parlano una lingua diversa dalla tua ma che ti accolgono con bontà e gentilezza. Se in questa Settimana di preghiera saremo stupiti dal calore dell’accoglienza reciproca, dalla comunione in Cristo che ci rende capaci di annunciare la sua Parola, di rendere grazie insieme, di guardarci con bontà e di superare le reciproche chiusure, avremo davvero pregato per la nostra unità e non soltanto rispettato un appuntamento ormai consueto.