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Senza azioni, la nostra è una testimonianza dimezzata

«Se in Italia le chiese valdesi e le organizzazioni di volontariato sono riuscite a trovare un accordo con il governo di Salvini per l’accoglienza dei migranti e per fermare le morti in mare, non potremmo noi in Svizzera fare altrettanto?».

L’attivista per i diritti umani Anni Lanz ha commentato più o meno con queste parole, si legge su Réformés, l’iniziativa lanciata dalle reti di solidarietà svizzere, Solidarité sans frontières e altre organizzazioni civili e religiose: una petizione che ha già raccolto più di 24.000 firme e che è stata presentata martedì 7 gennaio nella Weisenhausplatz di Berna. Nella piazza, dove sventolavano 35.997 strisce bianche di stoffa con i nomi delle persone decedute in mare dal 1993, si sono radunate circa 200 persone a favore della petizione “Fare cessare gli annegamenti di rifugiati nel Mediterraneo”, che accompagna e sostiene l’omonima mozione parlamentare proposta dalla deputata socialista zurighese Mattea Meyer, la quale ha commentato (si legge nell’articolo e nel video della manifestazione) la «risposta insufficiente del Consiglio federale, che ritiene che la Svizzera sia già abbastanza attiva su questo fronte». In attesa che la questione sia dibattuta dal Consiglio nazionale, Meyer sottolinea l’importanza delle chiese come attore civile per la solidarietà e la giustizia, una sorta di «portavoce dei rifugiati e di valori quali solidarietà e giustizia», e conclude: «Siamo molto fortunati a essere nati in Svizzera, è nostra responsabilità aiutare delle persone che non hanno avuto questa fortuna».

Parallelamente alla petizione, la neonata Chiesa evangelica riformata e la Conferenza episcopale cattolica sono state pubblicamente chiamate a sostenere (moralmente e finanziariamente) il progetto di una nave per il salvataggio nel Mediterraneo, promosso dalla Chiesa evangelica in Germania (Ekd), “United4Rescue”. L’appello è partito da un gruppo di teologi protestanti e cattolici della Svizzera tedesca, che si è chiamato Réseau de la charte de la migration.

Il progetto, tedesco ma di respiro internazionale (si auspica infatti una cooperazione fra vari paesi), non punta solo al salvataggio in mare (che, con l’acquisto di una nave, è il primo passo), ma alla pressione politica per leggi più giuste in materia di asilo e a un’azione “culturale” verso la non-criminalizzazione delle persone migranti.

«È essenziale che le chiese compiano azioni concrete – ha sottolineato durante la manifestazione di martedì il professore emerito di teologia Pierre Bühler, membro del Réseau –: ciò che diciamo nei nostri sermoni, o che scriviamo in testi e articoli, deve ritrovarsi nelle nostre azioni. Se non ci sono azioni che traducono quello che diciamo a parole, è una testimonianza dimezzata, anzi non è affatto una testimonianza».

 

Foto: Réformés (fotogramma dalla videonotizia della manifestazione)