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Crisi Iran-Usa. Reazioni dei leader religiosi

La notizia dell’uccisione del comandante delle Guardie rivoluzionarie iraniane, Qassem Soleimani, avvenuta a Baghdad il 3 gennaio scorso su ordine del presidente americano Donald Trump, è stata accolta con profonda preoccupazione dal Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), che ha auspicato che si metta subito un freno all’escalation nel conflitto tra Usa e Iran. «Il generale Soleimani non è stato vittima innocente della guerra, essendo stato l’architetto e il promotore della violenza armata in molte parti della regione, ma questo attacco e le reazioni che potrebbe scatenare minacciano un conflitto ancora più ampio e disastroso nella regione», ha osservato il segretario generale del Cec, pastore Olav Fykse Tveit, in una nota diramata proprio il 3 gennaio. «Per quanto destabilizzanti siano state le attività del generale Soleimani, le conseguenze di questo conflitto ancora più intenso alla luce di quanto accaduto oggi, sono, per la popolazione di tutto il Medio Oriente, incalcolabili». Tveit ha fatto infine appello a tutte le parti in causa affinché «si astengano da un’ulteriore escalation e diano priorità al benessere di tutte le persone della regione e al loro diritto alla pace e alla stabilità, dopo tanti anni di violenza e spargimenti di sangue».

Negli Usa i leader religiosi si sono divisi tra quelli che hanno condiviso l’attacco militare e quelli che, turbati dal potenziale contraccolpo, hanno duramente criticato l’azione del presidente Trump.

Il Rev. Franklin Graham, figlio del famoso evangelista Billy Graham e fedele sostenitore di Trump, ha twittato il suo sostegno all’attacco, giustificando sostanzialmente la Casa Bianca per la morte del generale iraniano. «Qassem Soleimani era responsabile di innumerevoli morti all’interno e all’esterno dell’Iran e stava attivamente pianificando ulteriori attacchi terroristici», ha twittato Graham. «Dobbiamo pregare che Dio dia saggezza (al presidente Trump) e protegga lui, la sua famiglia e le nostre truppe in quella regione dal male».

Anche il Rev. Mark Burns, pastore della Carolina del Sud che ha sostenuto Trump durante la sua campagna del 2016, ha twittato: «Signore, proteggici dalla Terza Guerra Mondiale», e congratulandosi con Trump, ha aggiunto: «Sotto la tua presidenza l’America è più sicura e più protetta che mai contro coloro che cercano di farci del male».

Tra i leader religiosi progressisti che hanno invece criticato l’attacco come atto avventato, c’è stato l’attivista Rev. William Barber, copresidente della Poor People’s Campaign, che ha “cinguettato”: «Per favore, non diamo solo la colpa a Trump per dove siamo ora. Nominiamo tutti coloro che hanno mentito per lui, che lo hanno sostenuto, coperto, professato una falsa religione intorno a lui, e glielo hanno permesso. Se finiamo in guerra, non ci deve essere amnesia selettiva. Chiunque non abbia parlato apertamente è colpevole».

Anche i Quaccheri di Washington hanno condannato l’azione militare definendola un vero e proprio assassinio, e hanno invitato il Congresso a «essere una voce per la pace, per il bene della gente qui e all’estero».

Anche altri, tra cui l’Imam Mohammad Elahi, leader interreligioso sciita a Detroit nato in Iran, hanno sottolineato la necessità di pace. «Il Corano ci ricorda che questa vita è una lotta di prova e a coloro che sono pazienti viene promessa la buona notizia di Dio!», ha scritto Elahi. «Preghiamo che non ci sia più l’escalation di guerra tra Iran e Stati Uniti! Non c’era motivo per nessuna di queste tensioni!».

Un’altra voce musulmana, quella di Nihad Awad, direttore esecutivo nazionale del Council on American-Islamic Relations, ha dichiarato in un tweet in lingua araba che Trump potrebbe utilizzare l’evento per «coprire il processo di impeachment e la campagna elettorale nel 2020».

Mentre il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha lodato l’attacco, i gruppi ebrei progressisti negli Stati Uniti hanno espresso preoccupazione per il potenziale contraccolpo di tale escalation di volenza. Jewish Voice for Peace ha twittato: «Nessuna guerra con l’Iran», e la donna rabbino Jill Jacobs, capo del gruppo di attivisti ebrei T’ruah, ha definito l’attacco «uno sviluppo estremamente terrificante», ed ha aggiunto: «(questo atto è) il periodico promemoria che questa amministrazione si è allontanata da un accordo negoziato volto a prevenire la guerra».

Infine i Cristiani della Lettera Rossa, una coalizione di evangelici progressisti, hanno rilasciato una dichiarazione in cui si diceva: «Invitiamo tutti i cristiani a unirsi a noi nel denunciare questo recente atto di aggressione da parte dell’amministrazione Trump».