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Riscopriamo il senso del Natale

Parlare del Natale non è soltanto parlare di un’antica festa cristiana, che ricorda la venuta di Cristo nel tempo, è anche parlare di una festa che ha subito trasformazioni anche profonde nel corso della storia e che al giorno d’oggi non riveste soltanto un significato religioso, ma anche culturale e tradizionale. 

Ho letto recentemente, sul sito Évangile et liberté, l’articoletto dal titolo «Il Natale è una festa popolare», in cui l’autore Laurent Gagnebin, professore onorario dell’Istituto protestante di Teologia di Parigi, afferma che la festa popolare che è diventato il Natale è frutto di ciò che viene chiamato religione popolare, di cui il successo va oltre le confessioni e le chiese cristiane. Secondo l’autore, la parola “popolare” riferita al Natale viene spesso intesa in senso negativo, come se il Natale dovesse rimanere proprietà di un clero ufficiale, l’unico autorizzato a detenere la verità, e come se il fatto di essere popolare lo strappasse dal controllo dei guardiani del tempio, che sono desiderosi di conservarne la purezza. L’autore si chiede se le chiese cristiane hanno diritto di giudicare gli uomini e le donne trasportati dalla gioia e se li si voglia colpevolizzare per il semplice fatto di fare gli acquisti per prepararsi ad un pasto festivo. 

Che il Natale sia diventato al giorno d’oggi una festa popolare non ci sono dubbi, basta guardarsi intorno per rendersi conto che è un momento importante per tutti. Credo che, al di là delle critiche che si possono fare, occorre distinguere gli aspetti consumistico e folcloristico, che si sono aggiunti a questa festa nel corso dei secoli dalle usanze che sono ormai entrate nel nostro modo di vivere il Natale oggi. 

Il Natale viene sempre considerato come una festa della famiglia per eccellenza, un momento per la condivisione familiare, come dice il detto “Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi”. È vero che il Natale mette al centro l’essere umano e le sue relazioni familiari: Gesù nasce in una famiglia per molti versi simile a tante famiglie di ogni tempo. Il Natale è festa dei bambini e del bambino che è in ogni adulto, questo spiega la forza che ha di suscitare i ricordi dell’età infantile. Tuttavia, bisogna fare in modo che il Natale non si riduca alla celebrazione della famiglia. Credo che qui bisogna recuperare il messaggio del Vangelo di Natale che invita a riscoprire e a celebrare l’amore di Dio manifestato nel dono di suo figlio, per la salvezza dell’umanità.

Il cammino cristiano che da Natale conduce a Pasqua è, appunto, un cammino della riscoperta dell’amore di Dio, e credere nell’incarnazione del Figlio di Dio è credere in un amore più forte di tutte le distanze che separano gli esseri umani, e perfino più forte della distanza tra il cielo e la terra, tra l’Infinito e la finitudine della nostra condizione umana. È questo il senso del messaggio che non va buttato insieme agli avanzi della festa. 

La popolarità del Natale non vuol dire che esso sia la più importante delle feste cristiane. Storicamente parlando l’attuale celebrazione di Natale è tardiva, in quanto risalente al IV secolo, ed è stata introdotta per ricordare la nascita di Cristo, in sostituzione della festa pagana del dio Sole, che era molto popolare a Roma. Anche molte delle tradizioni legate al Natale sono anch’esse di origine pagana. Si trattava allora di attirare i pagani nella chiesa integrando i loro riti nel cristianesimo.

In ordine di importanza la più importante è la Pasqua e non il Natale. Va ricordato che la Pasqua era inizialmente l’unica festa cristiana e che veniva celebrata settimanalmente ogni domenica, fino alla metà del II secolo. La celebrazione del Natale è quindi molto tardiva e persino, per molti aspetti, inaspettata. La fede cristiana ha come fondamento la resurrezione di Cristo che si celebra a Pasqua. Non celebreremmo né Natale né nessun’altra festa, se Gesù Cristo non fosse risorto dalla morte.