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Sì della Regione Piemonte al crocifisso nell’aula del Consiglio

Tanto tuonò che piovve. Dopo rinvii vari ieri 10 dicembre il Consiglio regionale piemontese ha votato a favore dell’ordine del giorno, primo firmatario il leghista Andrea Cane, denominato “Difesa, rispetto e salvaguardia dell’importanza del Crocifisso”. Sì dunque al crocifisso in aula del Consiglio e impegno per Giunta e intero Consiglio regionale nel “difendere e salvaguardare l’importanza storica, culturale e religiosa del crocifisso”. 27 voti a favore e 8 contrari l’esito delle votazioni.

Nelle dichiarazioni di voto il consigliere del Carroccio Federico Perugini ha sottolineato: «il nostro è un Paese laico, ma Cristianesimo e religione cattolica sono nella nostra Costituzione, diamo oggi un segnale che rimane legato alla nostra storia, valori e tradizioni. Non è una questione confessionale». Per Giorgio Bertola (M5s) «questa è un’aula istituzionale dove sono presenti eletti da tutti i cittadini piemontesi di qualunque religione, non penso sia il caso di mettere simboli che hanno una valenza forte e non rappresentano tutti. Ciascuno è libero e ha il pieno diritto di professare la sua religione nella sua vita privata – ha aggiunto -, anche di uniformare la sua attività politica al suo credo, ma questo non vuol dire sia il caso di imporre un simbolo a tutti gli altri»

Critico anche il capogruppo regionale di Luv (Liberi e Uguali e Verdi) Marco Grimaldi, che accusa la «Lega e associati di ipocrisia. A Natale sono più buoni, ma per tutto l’anno costruiscono muri. Parlano di simboli di pace e accoglienza, ma invocano il crocifisso di Stato insieme alle ruspe».

In merito era intervenuto ad ottobre il concistoro della Chiesa valdese di Torino con queste parole: «Come Chiesa Cristiana Riformata predichiamo Cristo crocifisso e risorto. La resurrezione del Cristo è la base della nostra fede e trasforma la passione e la morte del Cristo in un atto di redenzione e salvezza per l’umanità intera. Queste nostre convinzioni non ci impediscono di ritenere che le istituzioni di uno stato laico debbano mantenere una corretta distanza dalle scelte dottrinali dei cittadini.

Ci sembra importante ricordare quanto ha recentemente espresso la Tavola Valdese, l’organo esecutivo delle chiese valdesi e metodiste in Italia, per voce della moderatora Alessandra Trotta: “La nostra storica critica al ‘crocifisso di Stato’ è duplice come cittadini/e italiani/e riteniamo che violi il principio di laicità dello Stato e neghi la dimensione pluralista della società italiana. Il crocifisso non è, infatti, un simbolo ‘neutro’ e il suo utilizzo come strumento di identificazione nazionale, sociale o politica è stato spesso, purtroppo, foriero di divisione e conflitti”.

 La moderatora rileva con preoccupazione il fatto che, per legittimare l’uso pubblico del crocifisso, lo si riduca a un pezzo di arredamento che rimanda a meri valori culturali. “La croce o il crocifisso – conclude Trotta – nel richiamare il sacrificio di Cristo e la sua resurrezione, esprimono indiscutibilmente la fede cristiana. Nel loro effettivo riferimento all’amore di Dio, alla fraternità, alla dignità di tutte le creature andrebbero sottratti alla disputa politica e all’identificazione con l’esercizio di umanissime, per quanto rilevanti, funzioni pubbliche. Su questo piano ci piacerebbe avviare una riflessione innanzitutto con le altre Chiese cristiane”.

E dunque ci uniamo anche alle recenti affermazioni dei tanti fratelli cattolici come Papa Francesco e Padre Bartolomeo Sorge, nella preoccupazione che la difesa dei simboli religiosi sia strumentale alle ragioni dei partiti politici e pertanto chiediamo che l’attenzione della politica sia rivolta verso l’attuazione del mandato costituzionale attraverso la promulgazione di una legge sulla libertà di culto e di pensiero tutt’ora mancante nel nostro ordinamento. Ricordiamo ai nostri rappresentanti nelle Istituzioni che la libertà di religione di migliaia di nostri/e concittadini/e aderenti a fedi non tutelate dalle Intese è ancora soggetta alle leggi di Polizia del Ventennio Fascista. Questo ci sembra l’ argomento da mettere al più presto all’odg del Consiglio Regionale di una Regione in cui le espressioni religiose e non religiose sono varie e multiformi e costituiscono la ricchezza del nostro tessuto sociale e culturale.

Nell’esprimere queste convinzioni non ci sentiamo soli, ma crediamo di condividerle con numerose associazioni regionali, tra le quali AICS, ACNGEI, SOMS De Amicis, Sotto la Mole, FLC CGIL, Associazione Ippocrate, ISTORETO, ANCR, come le quali abbiamo recentemente organizzato l’incontro sulle Radici laiche della Costituzione presso il Museo diffuso della Resistenza e il Polo del 900 in occasione della ricorrenza del XX settembre».