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Teologia interculturale: primi bilanci e approfondimenti

È in distribuzione il nuovo numero (vol. 74, nn. 3-4/2019) di Protestantesimo, la rivista della Facoltà valdese di Teologia. Compresi sotto il titolo «Teologia, diaconia, intercultura», si snodano nel fascicolo doppio sei interventi corposi, annunciati e illustrati dall’editoriale, firmato in questo caso non solo dal direttore Enrico Benedetto, ma anche da un gruppo di curatori. L’uscita di questo numero monografico non è casuale: è questo infatti il periodo in cui, conclusa la prima sessione del Master in Teologia interculturale, siamo nell’imminenza della seconda, a cavallo tra gennaio e febbraio. E la sfida è di grande portata, giacché – dicono i curatori – l’articolo di apertura, della teologa Amélé Adamavi-Aho Ekué, contiene una notevole provocazione: «la teologia interculturale va intesa non tanto come una disciplina a se stante, quanto piuttosto come un progetto che mira a un nuovo approccio ermeneutico per l’insieme degli studi teologici». Dunque, tutta la teologia, senza aggettivi, è rimessa in discussione.

E la discussione si avvia con i successivi contributi, a partire da quello di Paolo Naso, che fa riferimento alle “linee-guida” dell’Unione europea in materia di integrazione, perché possono essere anch’esse utili al lavoro stesso delle chiese; più avanti si collocano due articoli che trattano di esperienze concrete (Osvaldo Costantini, «L’immigrazione evangelica dal Corno d’Africa»; Maria Chiara Giorda e Sara Hejazi, «In between. Giovani musulmani ed eventi pubblici: il caso di Torino»), e in chiusura Alessia Passarelli («Una generazione sul ponte. I giovani evangelici e l’immigrazione»), partendo da una disamina dell’attuale clima di rapporti, formula l’ipotesi che «le chiese evangeliche potrebbero puntare a intrecciare le catene della memoria delle differenti tradizioni per creare un nuovo habitus religioso protestante italiano da trasmettere alle nuove generazione e ai nuovi membri». 

Compiti impegnativi, dunque, che però una volta di più verranno a essere sostenuti dalla consapevolezza delle basi bibliche nell’agire delle chiese stesse. Si ha precisa indicazione di questa forza nelle parole di Yann Redalié, nell’articolo che svolge un’esegesi del testo di Efesini 2, 14 a partire dal contesto che viviamo: quello, triste e preoccupante, di una “età dei muri”. Se è vero che Cristo «ha abbattuto il muro della separazione, l’inimicizia nella sua carne», cionondimeno, nella pratica della Chiesa, è sempre presente il rischio che vengano creati muri nuovi. I destinatari dell’epistola erano infatti ex-pagani diventati cristiani: come parlare, d’ora in poi, a coloro che non hanno ancora fatto questo passo? Non rischiamo di erigere ulteriori, non volute, barriere?

Dunque, un fascicolo problematico, che invita allo studio e all’approfondimento teologico come base per ogni azione delle chiese nel senso dell’integrazione. Ne fanno fede gli abstract delle tesi di master in Teologia interculturale relative all’anno accademico 2018-19, che chiude la parte monografica della rivista, prima delle consuete recensioni.

 

Foto di Pietro Romeo: un contributo di fede alla vita delle chiese in Italia: il coro ghanese al Sinodo valdese di quest’anno