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Il Rapporto sull’Edilizia Scolastica della Fondazione Agnelli

Mercoledì 27 novembre la Fondazione Agnelli ha presentato a Torino il suo Rapporto sull’Edilizia Scolastica. Basato su analisi approfondite, mostra gli aspetti più critici del fragile patrimonio scolastico italiano, ma al contempo fornisce alcune indicazioni riguardo agli interventi necessari per i prossimi anni.

La contraddizione insita nel patrimonio scolastico italiano sta proprio nella sua fragilità: la scuola dovrebbe essere il luogo da cui ci si aspetta la maggiore stabilità, in cui si fonda la solidità degli individui stessi. Eppure molto spesso la cronaca riporta di crolli di controsoffitti, inadeguatezza dal punto di vista antisismico, allagamenti. 

Tuttavia, la sicurezza è solo uno dei nodi chiave del Rapporto. L’analisi prende le mosse da quattro punti fondamentali, e gli oltre 40.000 edifici scolastici sono valutati con questo metro. «Quello che abbiamo provato a fare – spiega Stefano Molina, dirigente di ricerca della Fondazione Agnelli e tra i redattori del Rapporto – è tenere insieme almeno quattro dimensioni diverse, perché se inseguiamo la sicurezza restiamo come ipnotizzati dai diversi problemi e non comprendiamo la dinamica generale. Le scuole hanno delle funzioni più complesse che non garantire la sicurezza dei bambini, quella è condizione necessaria ma non sufficiente. Quindi tutto il nostro ragionamento è cercare di capire quali siano gli ambienti di apprendimento adeguati a una didattica del XXI secolo, quindi degli ambienti efficaci, degli ambienti inclusivi perché devono essere abitati da tutti e da tutte, anche persone con disabilità motorie. E infine devono essere degli ambienti sostenibili, cioè in cui sia possibile proporre la scuola stessa come luogo educazione allo sviluppo sostenibile, ovvero una scuola che non inquina e non consuma inutilmente energia. Queste sono quindi le quattro dimensioni: efficacia, sicurezza, inclusione e sostenibilità. Vanno considerate tutte insieme congiuntamente per pensare alle scuole che vogliamo oggi e domani». 

È la forma stessa degli edifici scolastici che pone degli ostacoli alla piena realizzazione dei quattro punti fondamentali. Innanzitutto per l’efficacia: strutture progettate e realizzate tra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento sono pensate per un’unica metodologia didattica, la lezione frontale, mentre oggi si dovrebbe richiedere altro, «di costruire competenze e non solo trasmettere conoscenza, e allora gli ambienti vanno ripensati in tanti modi diversi». Dovrà essere creato uno spazio per la discussione, per il confronto, ma anche per la progettazione e quindi per gli insegnanti. Luoghi insomma diversi dalle aule a cui siamo abituati.

Per quanto riguarda invece l’inclusività, non tutti gli edifici adottano progetti volti all’abbattimento delle barriere architettoniche, e questo rappresenta un problema importante per gli studenti o gli insegnanti con disabilità motorie. In anni recenti molti istituti hanno iniziato a provvedere un adattamento delle loro strutture, ma sembra ci sia ancora molta strada da fare verso una completa accessibilità.

In ultimo, la sostenibilità rimane ancora un punto molto critico: «sappiamo bene che purtroppo le scuole hanno impianti di riscaldamento e (quando li hanno) di raffreddamento che non sono il massimo dal punto di vista dell’efficienza», continua Molina. Sembra quindi di vivere una forte contraddizione allora, soprattutto in un momento storico in cui in particolare tra i giovani hanno assunto molta importanza il tema dello sviluppo sostenibile e quello della lotta ai cambiamenti climatici.

Ci possono essere quindi dei margini di miglioramento? Secondo Stefano Molina sì, in particolare dal punto di vista dei fondi che possono andare a supportare i cambiamenti negli edifici scolastici: «Qualche segnale di convergenza di flussi finanziari importanti c’è. È chiaro che bisogna lavorare tuti in direzione di una maggiore attenzione e assunzione di responsabilità verso scuola in senso fisico». In particolare, da parte dello Stato ci sarebbero dei passi verso un approccio strutturale, verso un superamento di quella tendenza a trattare in modo emergenziale problemi dell’edilizia scolastica.

La posta in gioco è l’equità intergenerazionale e l’equità territoriale. Riformare e riqualificare l’edilizia scolastica significa affrontare un problema trasversale alla Penisola. «È una partita che merita l’attenzione di tutti», conclude Stefano Molina.