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Iran: quando uno Stato fa sparire la Rete

Risale a circa due settimane fa la notizia che l’Iran abbia tentato di “staccare la spina” dell’Internet, ottenendo, purtroppo, ottimi risultati: per quasi una settimana – fino a giovedì 21 novembre – oltre il 95% della popolazione è rimasta senza connessione. Le prime interruzioni della Rete si sono verificate venerdì 15 novembre. Dopo la mezzanotte il governo, senza alcun tipo di avvertimento, ha introdotto notevoli aumenti e limitazioni sulla quantità acquistabile di rete a persona. E a questo si è aggiunto ulteriormente l’aumento del prezzo della benzina.
Nella mattina del 16 la popolazione iraniana si è svegliata con un blocco della rete intensificato, che ha coinvolto, nel pomeriggio, i principali operatori telefonici della nazione – IranCell, MCI e Rightel – che hanno interrotto completamente i loro servizi.

Iran: dal rincaro della benzina alla censura

Ma come, e perché si è arrivati fino a questo punto? L’amministrazione iraniana sta affrontando una situazione economica critica e complessa. Da quando il governo Trump, nel 2018, ha reintrodotto determinate sanzioni precedentemente cancellate nel 2015 a seguito del controllo nucleare lo stato dell’Iran si è trovato a dover affrontare molteplici difficoltà di gestione amministrativa e finanziaria. Così l’aumento dei prezzi del carburante è risultata la prima delle soluzioni che dovrebbe servire ad agevolare l’offerta di sussidi al ceto più povero della popolazione. Il problema dell’operazione è il rincaro considerevole della sua portata: il 60%. E se prima si potevano acquistare 250 litri pro capite al mese (acquistandone di più si doveva pagare un sovrapprezzo di quasi il 100%) adesso si è scesi a 60.
Le proteste della popolazione si sono subito fatte violente e hanno coinvolto molte città, tra cui la capitale Teheran. La scelta di limitare – cioè il tentativo imperfetto di impedire completamente – l’accesso alla Rete potrebbe arrivare dalla volontà di evitare il diffondersi di “prove scomode”, che testimonierebbero la violenza degli organi di polizia nel sopprimere le rivolte: è di Amnesty International il report uscito recentemente che denuncia oltre 100 vittime, Al Jazeera invece parla di un migliaio, almeno, di arresti. Ad oggi anche se la situazione sembra essere rientrata sotto a un controllo governativo serrato e, ulteriori sanzioni americane che denunciano il blocco stesso della Rete e lo spegnersi degli ultimi focolai, mantengono la tensione alta e la paura di nuovi e ulteriori scontri tra la polizia e i civili.

Si può davvero scollegare un intero Paese da Internet?

Internet è un insieme di dispositivi sparsi per il mondo e collegati tra loro da una Rete che permette il passaggio di informazioni. La Rete è la parte astratta – il cosiddetto software – ed è il World Wide Web (da cui “www”), mentre la parte fisica, materiale, concreta – l’hardware – è fatta da tutte le infrastrutture che lo fanno funzionare effettivamente: trasmettitori, antenne, fibra ottica, cavi posati addirittura sul fondo degli oceani, ripetitori e molto altro. Le infrastrutture a cui la parte eterea del web si appoggia, però, appartengono pur sempre a qualcuno, talvolta privati, talvolta lo Stato – o entrambi. Quindi per togliere Internet ad un Paese bisogna agire sulle infrastrutture che lo rendono fruibile nella zona interessata: lo si può fare sia fisicamente (se taglio un cavo di collegamento di Rete, ad esempio) che da remoto, hackerandolo.
Il recente caso iraniano non è stato di certo una novità: nel 2018, per esempio, la Mauritania è rimasta isolata per due giorni a causa di danni provocati all’unico cavo sottomarino che fornisce il segnale di internet; analoga la situazione in Somalia l’anno precedente, quando un cavo venne accidentalmente tagliato da una nave MSC; l’India nel 2018 ha fatto ricorso a brevi blackout di internet addirittura 134 volte, mentre il Pakistan (secondo per censura a livello di accesso alla rete) “solamente” dodici.
Dunque, ciò che è successo in Iran non è una novità, ma è risultato sicuramente uno dei casi più complessi: la gestione della Rete in Iran, infatti, si a

ffida principalmente a privati. A rendere possibile il blackout pare essere stato, oltre a forti pressioni sugli operatori locali, un progetto decennale di intranet nazionale – una sorta di rete internet locale e chiusa – chiamato Shoma.

La Carta dei Diritti e dei Doveri della Rete

Le potenzialità della Rete è ogni giorno sotto i nostri occhi, e quasi ce ne dimentichiamo. La possibilità di accesso a Internet viene sempre più considerato alla stregua dei diritti citati all’articolo 21 della Costituzione: Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
Nel 2015 ha visto la luce la Carta dei Diritti e dei Doveri della Rete: pur non avendo valore normativo, la Carta si presenta come linea guida per le successive quanto necessarie deliberazioni a proposito di internet. Ottenuta dopo oltre un anno di lavoro da una commissione guidata da Stefano Rodotà, il documento riconosce l’accesso a internet come uno dei diritti fondamentali, precondizione per poter esercitare tutti gli altri, poiché “ogni persona ha diritto ad essere posta in condizione di acquisire e di aggiornare le capacità necessarie ad utilizzare Internet in modo consapevole per l’esercizio dei propri diritti e delle proprie libertà fondamentali”.