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Comunità di fede mobilitate per la Conferenza sul clima

Riunione presso la Iglesia de Jesús nel centro di Madrid, per i rappresentanti di varie tradizioni religiose alla vigilia dell’ incontro delle Nazioni Unite sul clima (COP25) in svolgimento dal 2 al 13 dicembre nella capitale spagnola.

Cristiani, musulmani, ebrei e bahá’í: molti sono i popoli del mondo che condividono un interesse comune nel prendersi cura del Creato, mentre i leader politici di tutto il mondo si riuniscono ora per la 25a sessione della Conferenza sul clima al fine di deliberare e negoziare una via da seguire per quella che sta diventando una situazione sempre più allarmante: l’emergenza climatica globale.

Sotto il tema del “Dialogo interreligioso – Speranza, azione e preghiera”, circa 100 partecipanti hanno affrontato la sfida di esplorare «dove vogliamo essere» e «come ci arriviamo?», alla luce di un ampio spettro di sfide e opportunità legate al clima, seguendo il processo del dialogo Talanoa e facendo il punto sugli sviluppi in corso in seguito alle deliberazioni della COP23 di Bonn 2017.

A fare gli onori di casa fra gli altri anche il pastore Alfredo Abad della Chiesa evangelica spagnola, il quale ha osservato che «è quando ci riuniamo che possiamo assumere quella potente voce profetica come popolo di fede».

E per di più, ha sottolineato Marta Matarin, che coordina la Brahma Kumaris a Barcellona, ​​«sappiamo che le nostre azioni saranno molto più potenti, se provengono da una prospettiva spirituale, perché saranno una profonda espressione di chi siamo. Siamo riuniti qui perché amiamo questo pianeta».

La conferenza si sta svolgendo in un momento cruciale, perché, come i principali ricercatori hanno segnalato, rischiamo punti di svolta irreversibili.

Unendosi alla sessione interreligiosa in qualità di rappresentante dell’UNHCR, l’esperta di cambiamenti climatici e ambiente, Amanda Kron ha sottolineato il fatto che l’impatto del clima si sta già avvertendo, e particolarmente in quelle comunità che sono già emarginate o discriminate.

«Dobbiamo assicurarci che le nostre risposte alla situazione di emergenza climatica rispettino a fondo i diritti umani, in modo che contribuiscano davvero a una transizione», ha affermato Kron.

Il delegato della Federazione Luterana Mondiale e il membro del Consiglio Khulekani Sizwe Magwaza della Chiesa evangelica luterana in Sudafrica ha ricordato come le sfide della giustizia climatica trascendono i confini generazionali: «Diciamo da 25 anni che dobbiamo fare qualcosa per il cambiamento climatico, ma non abbiamo fatto abbastanza. Oggi abbiamo la fortuna di avere tanti giovani ai colloqui sul clima, e stiamo tutti vedendo il loro profondo impatto sull’opinione pubblica».

La partecipante musulmana Hana Elabdallaoui ha riflettuto: «Questa è un’opportunità per noi per dimostrare che sì, siamo credenti, ma anche per le persone che non credono in nessuna religione, questa è un’opportunità per lasciare un segno in questo mondo».

«Lavoriamo insieme, in nome di Dio. Siamo esseri umani, questo è il nostro pianeta e dobbiamo proteggerlo», ha sollecitato Elabdallaoui.

Foto: Albin Hillert