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Cec. La «Famiglia Umana» al centro

Il Comitato Esecutivo del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) si è riunito dal 20 al 26 novembre presso l’Ecumenical Institute di Bossey (Ginevra) per approvare i progetti e il bilancio 2020 e discutere questioni assembleari di carattere mondiale. Al termine dell’incontro è stata diramata una dichiarazione finale suddivisa in sete punti programmatici.

Tra le linee guida emerse in occasione dell’incontro è stata poi elaborata una strategia di comunicazione dedicata ai giovani. Un piano che garantirà alle future generazioni ecumeniche di essere incluse in tutti gli aspetti del lavoro del Cec sino alla prossima (undicesima) Assemblea nel 2021 sfruttando le reti esistenti e le piattaforme sociali presenti nel web, che i giovani già utilizzano. 

In apertura dei lavori Agnes Abuom, moderatora del Cec, ha ricordato che «In un mondo impantanato tra mille difficoltà siamo in grado di offrire una Parola di speranza. Speranza per un futuro migliore e un per mondo migliore. Il Cec – ha proseguito abuom – intende illuminare l’orizzonte con la speranza rivolta a tutti grazie all’impegno che il movimento ecumenico svolge con amore unendo il lavoro personale di ognuno con quello degli altri, sparsi per il mondo». Oltre ad affrontare questioni urgenti a livello mondiale il Comitato Esecutivo del Cec si è occupato della pianificazione e delle decisioni finanziarie. 

Un attento focus è stato rivolto ai preparativi per l’11a Assemblea a Karlsruhe, in Germania, prevista nel settembre 2021.

Olav Fykse Tveit, segretario generale del Cec, ha ricordato che esiste «un’unica Famiglia Umana» e che la luce e la vita sono celebrate nel Natale: «messaggio di tutti e per tutti» e ha proseguito «il mondo oltre ai temi ambientali sta affrontando un’altra minaccia: il crescente razzismo. La religione sempre più spesso è usata per legittimare conflitti e violenze. Non possiamo permetterlo. Dobbiamo occuparci anche di questo con reciproca responsabilità guardando ai nostri Testi Sacri, che richiamano alla saggezza e alla speranza». 

Forte in questi anni è stato l’impegno sociale delle chiese membro del Cec, in particolar modo quello riservato a bambine e bambini vulnerabili e bisognosi sparsi nel mondo.  

«Le chiese possono e devono rispondere alle urgenti richieste di bambine e bambini che camminano nelle strade del nostro pianeta» ha ricordato Abuom citando le azioni delle chiese portate avanti a due anni dal lancio degli Impegni delle Chiese per i bambini firmato nel 2017. 

Il Cec da allora opera in tema d’infanzia con oltre 450 leader di chiese, ministeri per bambini, direttori di scuole e insegnanti delle scuole domenicali. 

Un accordo che ha permesso di poter proseguire con più forza su questo tema è stato anche il partenariato nato con l’Unicef: una collaborazione nata quattro anni fa e che ha permesso alle chiese del Cec di essere supportate e dotate di maggiori competenze.

La sintesi delle sette dichiarazioni 

Adottando la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia del 20 novembre 1989 i leader mondiali promisero a tutti i bambini di proteggere e di rispettare i loro diritti. «Il Cec partendo da questa base proseguirà la sua opera a favore dell’infanzia». 

La crisi climatica oggi è evidente. «Bambine, bambini, giovani e comuni cittadini stanno pubblicamente denunciando l’inadeguata risposta dei governi mondiali e la gravità di questa crisi globale. Il tempo per il dibattito e la contestazione di dati scientifici è finito. Ora è il tempo di agire in fretta perché saremo chiamati a rendere conto della nostra inazione, della nostra disastrosa gestione di questo pianeta, prezioso, unico». 

Porre fine al conflitto in Siria è la terza priorità del Cec. 

Il Cec si dice «preoccupato per il continuo e deleterio impatto umanitario che il conflitto sta imponendo a tutta la Regione» e non può dimenticare, inoltre, ciò che sta accadendo in America Latina. Tra le situazioni difficili preoccupa il Brasile che sta affrontando una complessa crisi «di polarizzazione politica e sociale e che colpisce lo stato di diritto, i diritti umani e la protezione ambientale e diminuisce lo spazio dei diritti della società civile. Mentre in Cile, Bolivia, Ecuador, Venezuela, Paraguay, Perù e Argentina si stanno vivendo difficoltà politiche, economiche e democratiche con proteste di massa che finiscono in violenti scontri e morti». 

La quinta dichiarazione afferma che «l’apolidia dev’essere sradicata per far sì che le persone non debbano vivere in una situazione di “limbo”». I bambini, ricorda il Cec, costituiscono oltre un terzo della popolazione apolide globale; ogni anno nascono circa 70.000 bambini apolidi. I rischi di apolidia aumentano esponenzialmente nei luoghi dove si vivono fenomeni di sfollamento forzato e di migrazioni.

La sesta dichiarazione esprime poi il profondo rammarico «per la posizione degli Usa nei confronti degli insediamenti in Cisgiordania», ribadendo l’opposizione del Cec «all’espansione degli insediamenti israeliani nel territori palestinesi: incompatibili con il diritto internazionale».

La settima e ultima dichiarazione denuncia «le implicazioni etiche dei sistemi di automatizzazione delle armi. Tali armi se sviluppate per essere completamente automatizzate potrebbero in futuro poter prendere decisioni su chi tenere in vita e chi uccidere. Il controllo umano sarebbe in questo modo completamente eliminato. Così lo sarebbero anche la responsabilità legale, etica e morale».

Il Comitato Esecutivo ha infine esaminato documenti relativi alla diaconia, al pellegrinaggio per la giustizia e la pace; e ancora, razzismo, xenofobia, comunicazione,  salute, ambiente e sessualità. 

Il Comitato esecutivo è l’Organo di governo che svolge attività essenziali per il Cec ed è formato dal Comitato centrale che elegge 20 dei suoi membri insieme al moderatore del comitato centrale, due vice-moderatori e il segretario generale, nonché i moderatori del programma Cec e dei comitati finanziari.