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Quando un muro non divide

In questi giorni in cui tutti parlano di muri abbattuti o innalzati, muri simbolici o muri ideologici, vogliamo raccontarvi la storia di un altro muro. Un muro che ancora non esiste, e che invece di dividere, unisce, per lo meno nella battaglia per non vederlo innalzato.

È maggio quando Donald Trump, presidente degli Stati Uniti, minaccia di innalzare una barriera a San Juan, in Texas, ovviamente al confine con il Messico, al fine di bloccare il flusso di persone migranti. Qui ha sede il Jackson Ranch, un luogo con un passato importante ed un presente in pericolo.

È il 1857 quando Nathaniel Jackson, un bianco ex proprietario di schiavi, e Matilda Hicks, una ex schiava, dopo essersi innamorati, lasciano l’Alabama per sfuggire alla discriminazione e trovano 5.000 acri di pace vicino al Rio Grande, dove costruiscono la loro fattoria. Qui prospera una comunità multiculturale, che aiuta gli afroamericani a fuggire in Messico durante l’era del Fugitive Slave Act, legge del 1850 che richiedeva che tutti gli schiavi fuggiti, al momento della cattura, fossero restituiti ai loro padroni e che funzionari e cittadini degli stati liberi dovessero cooperare nel processo. 

Nel 1874 Eli Jackson, figlio della coppia, vende un lotto di terra alla chiesa metodista per la simbolica cifra di $ 1. 

La Jackson Ranch Chapel  “Cristo salva” diventa allora la prima chiesa metodista di lingua spagnola nella valle del Rio Grande. Il terreno ospita inoltre due cimiteri, dove riposano gli antenati della famiglia Jackson e veterani di entrambe le guerre mondiali, la guerra di Corea e la guerra del Vietnam.

Oggi parte di questo patrimonio rischia di andare perso. Il muro che Trump vuole costruire minaccia infatti di eliminare interamente uno dei due cimiteri: alcune tombe dovrebbero essere riesumate, altre, senza lapide, potrebbero essere spianate.

«Trovo tristemente ironico che questo luogo sacro, che è stato un paradiso per gli afro-americani in fuga dalla schiavitù, possa essere distrutto per costruire un muro che servirebbe a bloccare gli immigrati in fuga dalla violenza», ha affermato Rob Rutland-Brown, membro della United Methodist Immigration Task Force

Molte le proteste da parte dei cittadini, che hanno manifestato davanti ai cimiteri, ma anche delle forze politiche. Giovedì 14 novembre, Filemon Vela, membro della Camera dei Rappresentanti per lo Stato del Texas, ha tenuto una conferenza stampa a fianco dei residenti, che attualmente stanno facendo causa all’amministrazione Trump per i suoi tentativi illegali di costruire barriere di confine utilizzando fondi federali prelevati attraverso una dichiarazione illegittima di emergenza nazionale. Si sono uniti anche i rappresentanti della Chiesa Metodista Unita, per discutere del futuro della storica chiesa del Ranch.

Bonnie Saenz Amaro, archivista di Rio Texas, pensa che ci siano forti probabilità che questi territori si qualifichino come siti storici della Chiesa Metodista. «La mia speranza è che con queste designazioni storiche, questi siti possano essere preservati e non distrutti dal potenziale muro», ha detto.

«Ho visto come il muro ha separato famiglie. Ho visto come il muro ha sconvolto stupende meraviglie naturali – ha detto il pastore metodista Jack Amick – ma, fino alla mia visita a Jackson Ranch, non avevo mai visto come il muro potesse distruggere la storia, sconvolgendo un luogo sacro per le popolazioni indigene, gli afroamericani, i parlanti spagnoli e i metodisti».

Foto: MARTIN DO NASCIMENTO / EARTHJUSTICE