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“Inizio”, una parola che ritorna

È passato un po’ in silenzio l’importante libro importante di Sergio Rostagno Le tesi De Homine di Lutero*, una delle più belle sintesi sul pensiero di Lutero e sul significato attuale del cinquecentenario della Riforma. Articolato in quattro parti, per ogni capitolo vi sono preziose indicazioni bibliografiche. Il cammino di Lutero per la stesura delle 40 tesi sul De Homine viene spiegato passo a passo con i riferimenti adatti, sul versante teologico e filosofico del tempo, con gli intrecci culturali e storici necessari a documentare la portata innovativa della sua posizione.

Il pensiero da cui si inizia è il tema della soggettivazione, cioè la coscienza di sé che ognuno ha, con le caratteristiche della libertà e dell’autonomia. Il successo di Lutero si configura per il suo far leva su un opposto modo di pensare, per un’inversione delle questioni su cui si dibatteva nella sua epoca. Le sue formule sostituivano alla paura della morte l’inquietudine e il desiderio di conoscere e imparare.

 La tesi 17 dice che «conoscere sé stesso» per l’uomo equivale a riconoscersi in Dio; rifarsi, di conseguenza, a una realtà che l’uomo non può ridurre alla propria dimensione e che tuttavia è la sua misura. L’uomo non è idoneo a questo incontro. Solo la libertà di Dio riflette la verità dell’essere umano. C’è in Lutero una dialettica paradossale, un’idea di discontinuità, senza però rinunciare alla concordia tra Dio e il mondo e al loro reale incontro. La sua ermeneutica biblica si può condensare così: il cielo sta sopra la nostra testa, esso ci raggiunge con la sua luce e le nostre interpretazioni sono parole umane. Non possiamo sovrapporre a Dio le nostre dottrine. L’uomo nuovo nasce nella libertà, non nella presunzione dei suoi meriti. Lutero legge nell’opera di Cristo, che culmina nella Pasqua, l’inizio radicale di una nuova esistenza: Cristo prende su di sé il peso del peccato togliendolo dalla spalle dell’uomo e contemporaneamente applica all’uomo l’esito di tale liberazione. 

Le considerazioni precedenti sostengono e inquadrano il cap. 3 in cui si analizzano, con acume interpretativo, le 40 tesi del De Homine. La verità dell’uomo non è né in lui stesso, né nella storia né nella scienza; piuttosto la verità dell’uomo è nella dichiarazione pubblica dell’evangelo. Un punto è da sottolineare: Dio non soltanto “ama” ma entra e si fa carico dell’intera crisi dell’essere umano. Nella concezione di Lutero l’essere umano non dipende più in nulla dal proprio “fare”. La “buona notizia” è indipendente dalla persona e la fede è il vero e unico rapporto del soggetto con il suo reale fondamento. Nell’incontro con Dio l’essere umano è reso partecipe di un evento che lo eleva a soggetto e che lo accompagna come inizio del suo essere, un inizio che continua per tutta l’esistenza. L’uomo è il soggetto (tesi 32) ma è l’evento stesso a mantenerlo tale: non una proprietà, una virtù o un’azione di cui sarebbe capace e che gli verrebbe riconosciuta.

Il principio più straordinario esposto da Lutero consiste nella centrale distinzione tra fides e caritas sul fondamento del soggetto. Non c’è l’una senza l’altra ma con diversa importanza: la fede sorregge l’azione, non può esserne alimentata. Anche la speranza è necessaria, perché insegna a guardare oltre i segni incerti guardando al futuro e lottando contro il male presente. In questa prospettiva il soggetto è giusto non per opere che ha fatto ma per (= in vista di) opere ancora da fare. Il bene da fare è quello che combatte efficacemente il male, non quello che presume di sapere che cosa sia il Bene. L’essere dell’uomo è definito da un divenire inconcluso e attuale. E, «nel frattempo», «l’uomo di questa vita» vive nella contraddizione e nell’impegno.

Nell’ultimo capitolo si scrive che per caratterizzare la nostra epoca è più esatto parlare di emancipazione piuttosto che di libertà, perché lo spirito dell’emancipazione quando è autentico non bada alle frontiere e incrocia i fatti storici. Infine ci si chiede se la nostra nozione di un Dio unico comporti emancipazione o no. L’interrogativo permette di recuperare nel dibattito attuale quel che il linguaggio religioso afferma e cioè che quando diciamo che soltanto in Dio c’è quella riserva di libertà che produce altra libertà senza confondersi con essa, allora diciamo qualcosa di essenziale. 

Alcune riflessioni. Il testo si legge bene. Il linguaggio è efficace e scorrevole, accattivante nel suo snodarsi e denso senza mai perdere in nitidezza comunicativa; lo sforzo di sintesi è pienamente riuscito: riferimenti filosofici, teologici, storici, letterari, musicali sono essenziali e appropriati all’andamento del discorso, utili alla comprensione; è un testo utilizzabile nelle scuole superiori e nelle università: è chiaro, didattico, aperto a interpretazioni, disaccordi e discussioni. Naturalmente questo vale anche per altre sedi (religiose, culturali, ecc.); c’è una consapevolezza netta del ruolo della teologia (il “linguaggio religioso”) nei dibattiti del nostro tempo: sono ben delineate le ragioni e le angolature per farla entrare, rinnovata, nel discorso pubblico e affrontare la complessità dell’attualità (Dio, libertà, emancipazione, costituzioni).

C’è una parola che ritorna in molte pagine, una parola ricorsiva: inizio. È un buon auspicio perché, da qualche parte in qualche posto, ci sia un inizio di lettura e discussione sul De homine studiato da Sergio Rostagno.

* S. Rostagno, Le tesi De homine di Lutero. Torino, Claudiana, 2019, pp. 103, euro 11,00.