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Joshua Wong, un ragazzo contro il sistema

Il punto di non ritorno, ancora

È settembre 2014 quando un movimento locale di disobbedienza civile – a seguito della scelta di limitare il numero di candidati di Hong Kong – ha organizzato delle proteste di natura pacifica. Occupy Central fu il nome scelto dal movimento guidato da Joshua Wong, 17 anni, attivista, figlio di genitori protestanti e oratore dal carisma sublime nonostante la giovane età. Quelle che partirono come manifestazioni pacifiche si allargarono sempre di più pretendendo autonomia e libertà democratica.
Nel febbraio 2018 un diciannovenne di Hong Kong è stato accusato di aver ucciso la propria compagna durante una vacanza a Taiwan. A seguito la città ha cercato di ottenere l’estradizione del giovane, ma le leggi di Hong Kong non lo permisero. Un avvenimento di cronaca che ha riposto la città protagonista di un progetto di amministrazione speciale da parte del governo cinese. Un’eredità originaria dal passato controllo anglosassone, tramandatasi con modifiche sempre meno democratiche a seguito del passaggio di controllo cinese.

Cinque mesi di battaglie

Senza mai essere stato messo realmente da parte, il Movimento degli ombrelli (chiamato così perché gli oggetti citati sono diventati simbolo e strumento per difendersi dai lacrimogeni della polizia) ha ricominciato a protestare all’inizio di giugno a seguito dei fatti di cronaca taiwanesi. Non sono bastate però le prime manifestazioni nel mese di aprile; così a inizio giugno sono diventate vere e proprie realtà di massa. In cui la legge sull’estradizione è stata la prima vera e propria richiesta da parte di un movimento collettivo ma non l’unica.
«Il nostro primo obiettivo era l’abolizione della legge e l’abbiamo raggiunto», ha dichiarato Joshua ai giornali internazionali recentemente, a seguito delle numerose settimane di protesta. «Ma ci sono altre questioni, oltre alle dimissioni di Carrie Lam. Un’inchiesta sulla brutalità della polizia, per esempio. E, soprattutto, vogliamo arrivare al giorno in cui eleggeremo liberamente chi ci governa: senza questi risultati la lotta andrà avanti»

«Sono solo un facilitatore»

«Non sono un leader di questo movimento. Sono solo un “facilitatore”»
Joshua oggi ha 23 anni, numerosi arresti dovuti alla sua esperienza da attivista in prima linea da quando ne ha 14 e a settembre 2019, periodo corrispondente sia al quinto anniversario di Occupy Central che al 70esimo anniversario della Repubblica Popolare Cinese, si è candidato ufficialmente alle elezioni distrettuali locali che avverranno il 24 novembre 2019. Ha deciso di farlo nella circoscrizione di South Horizon, il quartiere in cui è nato e cresciuto e anche perché «[…] sono le uniche elezioni dirette a Hong Kong; la prima occasione istituzionale per incanalare lo scontento della gente e per mettere pressione al governo e all’imperatore Xi Jinping». Purtroppo, però, Joshua si è visto “cacciato fuori” dalla sfera politica prima ancora di poterci entrare: a fine Ottobre la sua candidatura è stata respinta, e il motivo va ricercato – come ha spiegato un portavoce del governo – nel fatto che l’essere a favore dell’autodeterminazione di Hong Kong (rispetto alla Cina) è un ideale che va contro la legge. Sebbene lo stesso Joshua abbia dichiarato di non essere a favore della piena indipendenza, le elezioni del 24 novembre sono ormai alle porte e non si vede una soluzione imminente; sembra che per il giovane leader del Movimento degli ombrelli non sia ancora giunto il momento di approdare ufficialmente su una scena politica che già da tempo lo vede protagonista.

Non solo Greta

Greta Thunberg, Emma González , Malala Yousafzai, Aditya Mukarji, Bana Alabed, Ridhima Pandey. Proprio come Joshua Wong sono tutti attivisti e non hanno più di 25 anni. Ragazzi, bambine, esseri umani in potenza che hanno fatto dell’attivismo una ragione di vita, una scuola diversa ma non meno importante. Parlano di clima, armi, istruzione e ne rivendicano i diritti dall’alto di un futuro che stanno tentando di costruire ma che istituzioni, multinazionali, governi e realtà gli stanno togliendo. Sono fortissimi, parlano chiaro, non hanno paura delle conseguenze e stanno riempiendo gli schermi dei nostri display e le conversazioni per strada e a tavola. Il segnale tangibile di un cambiamento fresco, giovane appunto, pronto a spazzare via le forze del passato e a migliorare la realtà come dei supereroi, meglio dei supereroi. Perché reali, genuini e puri.

Teenagers vs Superpowers

Un racconto di attivismo potente e indimenticabile per i giorni che Hong Kong sta vivendo. Una lotta tra polizia e cittadini che ha raggiunto picchi di violenza che resteranno fissi nella memoria del popolo hongkonghese.
Nel 2017 la casa di produzione cinematografica Netflix ha deciso di seguire, raccontandoli, i pensieri e le imprese di Joshua. La sua esperienza di attivista, il rapporto con l’istruzione, le rinunce e le proteste all’orizzonte per i diritti negati dall’istituzione.
Joshua: Teenagers vs Superpowers è la storia di un ragazzo, di un giovane uomo che con coraggio e consapevolezza ha scelto di combattere un sistema che distrugge i diritti dei giovani diventando anche simbolo e idolo di un’era bisognosa di cambiamenti, di proteste e di libertà.