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Rosarno, l’ultima frontiera di Mediterranean Hope

“Ma che arance mangi?” è stato il titolo di una due giorni di studio e confronto alla scoperta di un nuovo progetto di Mediterranean Hope (Mh) – Programma rifugiati e migranti della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia. Il meeting si è svolto il 22 e 23 ottobre in Calabria, dove si realizza il nuovo intervento “targato” Mh. Al partecipato incontro sono intervenuti alcuni tra i massimi studiosi dell’agricoltura nel Mezzogiorno come Giovanni Mottura, accademico valdese noto anche per i primi studi sulla nuova emigrazione di giovani italiani verso l’estero; Tonino Perna, dell’Università di Messina e Reggio, teorico e promotore del commercio equo e solidale; Francesco Carchedi della Sapienza – Università di Roma, che per conto della Flai Cgil cura un rapporto annuale sullo sfruttamento in agricoltura. Ricca la rappresentanza del Consiglio della Fcei, guidata dal presidente, pastore Luca Maria Negro; per conto della Tavola valdese è intervenuta la pastora Thesie Mueller; presenti anche vari pastori ed alcuni membri di chiesa delle comunità evangeliche della Sicilia, della Calabria e della Campania. 

Il complesso intreccio tra Mezzogiorno, agricoltura ed immigrazione è stato il fil rouge dell’evento, ideato  con l’obiettivo di promuovere un “altro mercato”, slavery free, rispettoso dei diritti dei lavoratori, nel quale siano premiati  aziende e produttori che operano nella legalità e garantiscono condizioni di lavoro e salari sindacali.

Di grande interesse è stata la sezione del convegno che ha raccolto le esperienze sul “campo”, svoltasi tra Rosarno e San Ferdinando, due centri agricoli della piana di Gioia Tauro, purtroppo saliti alle cronache per fatti di violenza razzista ma anche per la drammatica situazione delle tendopoli o delle baraccopoli dove si rifugiano i lavoratori immigrati. In un campo si vedono ancora le macerie dell’ultima bonifica voluta dall’ex  ministro dell’Interno Matteo Salvini che ha comportato la distruzione di una baraccopoli e ora lascia al comune di San Ferdinando un onere di bonifica valutato in circa 500.000 euro. 

Ma la Calabria mostra anche un altro volto, quello della società civile che, in prossimità della tendopoli che ospita i migranti, ha avviato una piccola scuola di italiano. A seguire, il gruppo ha potuto vedere coi propri occhi il lavoro di Sos Rosarno che, come ha spiegato uno dei suoi fondatori, Giuseppe Pugliese, costituisce una rete di produttori impegnata a promuovere «terra, lavoro, dignità». 

Al termine delle testimonianze sul campo, il gruppo ha fatto tappa al Municipio di San Ferdinando dove, alla presenza del sindaco locale e di quello di Rosarno, si è svolto l’ultimo panel del convegno dedicato alle buone pratiche delle associazioni e delle realtà che già operano contro lo sfruttamento. 

Si sono così susseguite le testimonianze di giuristi, di sindacalisti (dall’Usb alla Flai Cgil), della Caritas, che ha convinto gli abitanti di Drosi, piccolo paese della piana di Gioia Tauro, ad affittare case ai migranti per tirarli fuori da accampamenti e baracche; dell’associazione interculturale International House, no-profit di Reggio Calabria che promuove la dimensione interculturale nel territorio e che ospita con pieno successo d’integrazione alcuni beneficiari dei corridoi umanitari; il progetto Spartacus, che sta offrendo un’opportunità lavorativa dignitosa a 20 braccianti della piana di Gioia Tauro; di Sfruttazero, un progetto nato nel 2014 grazie all’associazione barese “Solidaria”, che collabora con “Diritti al Sud” di Nardò, per la produzione e vendita di salsa di pomodoro da coltivazioni agroecologiche; del consorzio Calabria Solidale – Chico Mendes   che – come ha spiegato Stefano Magnoni – vanta una serie di punti vendita anche nel Nord.

«Due giorni ricchi di idee e di esperienze – ha commentato in conclusione il professor  Paolo Naso, coordinatore di Mediterranean Hope – finalizzati a lanciare una nuova iniziativa: la promozione nei circuiti evangelici (chiese, opere, centri…)  di prodotti “etici” che non ci tutelino solo sotto il profilo della salute ma anche su quello della coscienza che le nostre arance o il nostro olio non siano prodotti con lo sfruttamento paraschiavistico degli immigrati».