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Culture e religioni, alla ricerca di una possibile convivenza

Se vogliamo vivere insieme in armonia e concordia, mantenendo però la possibilità di ragionare con la propria testa lasciandoci coinvolgere da argomentazioni complesse, dobbiamo abituarci al dibattito, confrontando idee anche contrastanti e provocatorie ma finalizzate a farci conoscere le tante sfaccettature di un problema o di un concetto. È quello che fa l’ultimo libro di Kwame Anthony Appiah, La menzogna dell’identità. Come riconoscere le false verità che ci dividono in tribù* appena pubblicato da Feltrinelli. In esergo troviamo una citazione di Dietrich Bonhoeffer «Wer bin ich? – Chi sono io?», che alle lettrici e ai lettori di questo giornale suonerà famigliare e che ci aiuta a interpretare la proposta del libro, molto interessante perché ci chiede di approfondire la questione delle identità – secondo l’autore concetto recente che però negli ultimi anni è esploso – partendo però da una nozione biografica, da un posizionamento che potremmo definire genealogico. 

Il precedente libro Cosmopolitismo (Laterza 2007), lettura importante perché consentiva già alcuni anni fa di uscire dall’impasse “noi-loro” in cui normalmente si cade quando si celebrano le diversità o ci si difende nei sovranismi, aiutava a esplorare con una bussola quel senso di apertura verso gli altri che spesso deriva da una biografia in cui, per alcune generazioni, si sono intrecciate diverse nazionalità. Come a dire che i migranti, dopo la seconda generazione, sono più liberi di vivere quella dimensione transnazionale che non è solo fatta di spostamenti fisici e di attraversamento di frontiere geografiche, ma è soprattutto apertura mentale in cerca di una comune umanità, di un dialogo possibile. E letto in un periodo in cui si riaffaccia la questione dello ius culturae il ragionamento è ancora più significativo.

La tesi principale dell’autore è che le diverse culture e religioni possono convivere, anche contemplando il conflitto, senza necessariamente condividere un sistema omogeneo di valori, scongiurando però nella pratica quotidiana lo scontro di civiltà. È la conversazione che lo permette che, talvolta, deve essere prolungata nel tempo e deve alimentarsi di un confronto ravvicinato.

In maniera piuttosto interessante e avvincente, nelle prime pagine del nuovo libro leggiamo dall’esperienza diretta dell’autore quanto essere meticci possa portare a quella che una volta si sarebbe definita una crisi d’identità: scambiato per un brasiliano a San Paolo e per un coloure da Città del Capo, per un etiope a Roma e per un maghrebino a Parigi, dietro alla domanda sulle origini della sua famiglia (di padre ghanese e madre inglese) ben presto emerse che la curiosità degli interlocutori era proprio il “chi sono io”, cioè quell’essere persona oltre le appartenenze nazionali o religiose. 

Le origini possono rivelare biografie che si incrociano fino a mescolare confini anche apparentemente inconciliabili, eppure una delle domande a cui il libro cerca di rispondere è come le storie familiari, quelle raccontate in riferimento ai propri nonni e bisnonni, ma anche quelle che si riferiscono a una vicenda collettiva, possano agire e plasmare non tanto l’identità, ma il senso di identità e di appartenenza. 

Si è debitori e debitrici verso il proprio background, in parte simile e in parte diverso, insieme a coloro che si riconoscono in una comunità, anche in una comunità di fede. Confessione religiosa, nazionalità, classe sociale, cultura, etnicità, orientamento sessuale si mescolano in modo variegato e complesso per suscitare riflessione e confronto, in base alle proprie conoscenze e esperienze di vita. 

Che cosa significa ricevere e trasmettere storie di famiglia, e farlo in modo che sia coinvolgente per l’interlocutore, specie se di una generazione più giovane? Come confrontarsi con concetti quali identità e diversità in modo da non suscitare esclusioni, ma invece permettere di far circolare dubbi e certezze, domande e risposte, interrogativi e sfumature che ci dicono quanto questi tempi siano difficili da vivere in armonia e quanto però sia sempre e ancora necessario provare a interrogarsi insieme e pubblicamente su alcune questioni che ci stanno a cuore? La citazione di Bonhoeffer ci aiuta a trovare il senso del nostro ragionare.

* K. A. Appiah, La menzogna dell’identità. Milano, Feltrinelli, 2019, pp. 288, euro 19,00.