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Aspettando «il Morrione». Bestiario criminale

Il «Premio Morrione» intitolato a Roberto Morrione (primo direttore di Rai News 24 e fondatore di Libera Informazione) dedicato al giornalismo investigativo  (sostenuto dall’Otto per mille dell’Unione delle chiese metodiste e valdesi) ha annunciato le inchieste finaliste del 2019 al prestigioso evento Rai, il Prix Italia. 

Le inchieste – con i finalisti Mario Catalano, Vincenzo Pizzuto, Giovanni Culmone, Marina de Ghantuz Cubbe, Ludovico Tallarita, Elena Kaniadakis, Lidia Sirna, Eleonora Zocca, Maurizio Franco, Matteo Garavoglia, Ruggero Scotti e i tutor Chiara Cazzaniga, Raffaella Pusceddu, Pietro Suber, Giovanni Tizian, Francesco Cavalli, Pietro Ferri, Stefano Lamorgese, Giulio Vasaturo – raggiungeranno Torino a fine ottobre e saranno proiettate, condivise, raccontate (per il terzo anno consecutivo) al pubblico del capoluogo piemontese in occasione della consueta «tre giorni» (promossa dall’Associazione Amici di Roberto Morrione e realizzata in collaborazione con il nostro giornale che ne è media partner) dal 24 al 26 ottobre con workshop, dibattiti, corsi di formazione ed eventi. 

La kermesse giornalistica culminerà con la premiazione dell’inchiesta vincitrice presso il teatro Piccolo Regio dove le giovani e i giovani autori presenteranno, e offriranno al pubblico interessato, le loro opere destinate a illuminare fatti di grande attualità riguardanti i diritti umani e civili, l’ambiente, la legalità, lo sviluppo tecnologico e le attività economiche dell’Italia e dell’Europa.  Sino alla data dell’evento torinese Riforma propone ai lettori ogni giorno un’inchiesta realizzata nel corso degli anni dal 2012 in poi, data di nascita del Premio. 

 

Tra le inchieste finaliste presentate alla Quarta edizione del «Premio Morrione»nel 2015 (all’epoca inserito come sezione del Premio Ilaria Alpi) c’era: Bestiario criminale di Eva AlbertiSusanna CombustiSilvia RicciardiFederico Thoman.Tutor: Anna Migotto.

L’inchiesta ricostruisce la dimensione con la quale si muove il mercato illegale di flora e fauna nel nostro Paese e traccia i principali flussi del traffico in entrata e in uscita. Disegna il ruolo della criminalità organizzata per capire come e quanto lo Stato italiano cerchi di contrastare il fenomeno. Nell’indagine giornalistica è possibile comprendere anche quanto sia facile poter acquistare specie animali protette attraverso la rete internet o mediante commercianti accondiscendenti, anche nelle fiere di settore.

«Secondo l’Unep, il programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, il commercio illegale di flora e fauna ha un giro di affari che tocca i 100 miliardi di dollari all’anno – ricordava un bell’articolo postumo al lavoro d’inchiesta e pubblicato il 31 marzo 2016 dagli autori su il Corriere.it. Una cifra che è inferiore, di poco, al prodotto interno lordo dell’Angola o del Marocco e che si colloca sulla scia del traffico di droga, armi ed esseri umani. La video inchiesta Bestiario Criminale (finalista dell’edizione 2015 del Premio “Roberto Morrione”), fa luce su alcuni punti chiaroscuri che questo grande tema e che vede implicato il nostro Paese. 

Che ruolo ha l’Italia nel traffico illecito globale di specie protette?Quali sono i suoi settori produttivi più esposti? Lo Stato cerca di combattere questi crimini?Cosa succederà con la soppressione del Corpo Forestale?

Partiamo dalla terza domanda. In Italia a occuparsene operativamente è il Corpo forestale dello Stato che monitora l’applicazione della “Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione” (Cites), un documento internazionale firmato nel 1973 e oggi adottato da 182 Paesi nel mondo. Ma in base alla “legge Madia” sulla riforma della pubblica amministrazione, recentemente approvata, il corpo sarà soppresso e i suoi membri confluiranno, per la maggior parte, nell’Arma dei Carabinieri. Scomparirà così, di fatto, l’unica forza di polizia destinata a contrastare i crimini ambientali. I vertici della Forestale hanno più volte assicurato come questa riforma, non implichi un allentamento della presa ma, al contrario, garantisca maggiori esperienza e professionalità. Di diverso avviso sono i sindacati e il Wwf, che esprimono dubbi sul metodo e sul merito della razionalizzazione. Un’attività molto importante svolta finora dalla sezione “Cites” della Forestale, è quella di certificazione: rilasciare e controllare i documenti ufficiali che regolano il traffico di specie protette (quelle per cui è possibile: nella “Cites” l’appendice 1 include piante e animali il cui commercio è totalmente vietato). 

La nuova minaccia: il traffico illecito di legname

Il nostro Paese è un centro di snodo e di destinazione nel traffico internazionale “di natura”. In alcuni casi, sono esposti al rischio settori che rappresentano l’eccellenza della manifattura e dell’imprenditoria italiana: la moda, per esempio, con l’utilizzo delle pelli di rettile per scarpe o borse. O l’industria del legno-arredo, la cui filiera necessita di molti legnami pregiati che crescono in ambienti tropicali, specie regolate dalla “Cites”. L’Italia è il sesto importatore mondiale di legname e il secondo a livello europeo per acquisto di legname tropicale. Nel settore, lavorano 400.000 persone in circa 66.000 imprese e il fatturato complessivo ha raggiunto nel 2014 i 26 miliardi di euro. La Forestale, per sua stessa ammissione, ha iniziato da poco a “mettere il naso” nel commercio illegale di legname. In particolare, il dato della relazione commerciale con il Camerun è allarmante. L’Italia, infatti, è il principale importatore mondiale di legname camerunense e, secondo diverse stime, il 90% del materiale che esce dal Paese africano è frutto del cosiddetto “illegal logging”, il taglio illegale. Com’è possibile allora che arrivi certificato legalmente in Italia? La risposta è disarmate, “basta pagare”. La corruzione di addetti e funzionari nelle terre di origine permette di ammantare con una patina di legalità formale il frutto di un crimine commesso contro la natura e le leggi internazionali. Quello del legname è un tema che da poco inizia ad essere compreso nella sua gravità: la deforestazione diffusa e il taglio illegale sono una minaccia per migliaia di specie, animali e vegetali. Sarà una frase che si sente spesso, ma il fatto che ogni anno scompaia una porzione di foresta Amazzonica grande come l’Austria è un danno incalcolabile per l’ambiente e gli habitat di migliaia di specie viventi.

L’Italia e l’avorio confiscato

Il traffico di avorio nell’immaginario collettivo è quello più noto, e suo malgrado spettacolare. La ricerca spasmodica delle zanne di elefante sta portando rapidamente una specie che un tempo era presente nel pianeta con milioni di esemplari, e che oggi è in estinzione. L’Italia, fino a oggi, aveva mantenuto un atteggiamento – a detta di molti attivisti – ambiguo sull’utilizzo dell’avorio sequestrato. La conservazione di decine di tonnellate di “oro bianco” nei magazzini del servizio “Cites” della Forestale è in aumento in questi ultimi anni. Giovedì 31 marzo (2016, ndr), però, il ministero dell’Ambiente ha deciso di dare un segnale nuovo: con l’aiuto della ong Elephant Action League e in collaborazione con il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e con l’ufficio “Cites” della Forestale si è tenuta l’iniziativa “Ivory crush”: una tonnellata di avorio confiscato polverizzata dai bulldozer in durante un evento organizzato al Circo Massimo di Roma».

Per vedere la video inchiesta clicca qui.