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B. B. King, uomo di blues e di fede

«Ho partecipato al Concerto di Natale in Vaticano 1997. Ha significato tanto. L’emozione più grande, è stata l’udienza che Giovanni Paolo II ha concesso agli artisti. Il Papa è la persona più vicina a Dio, e siccome amo Dio, amo anche il Papa. Gli ho regalato una chitarra, lo strumento per il mio lavoro di musicista. Lui mi ha donato un rosario che porterò sempre con me. Quando mi ha benedetto, ho cominciato a volare con il mio cuore. Ho partecipato al Concerto di Natale perché lo scopo era raccogliere fondi per nuove chiese e credo che ci sia sempre bisogno di nuove chiese. Ho radici (protestanti, ndr) religiose molto profonde. Mia madre (predicatrice locale) mi portava spesso in chiesa (battista, ndr), lì si leggeva la Bibbia, si ascoltava il sermone e si cantava il gospel. Non ho perso nulla di tutto questo. Sono trascorsi gli anni ma il mio cuore è ancora così», questa è una delle confessioni –  rilasciate a Giampaolo Mattei proposta nel libro Anima Mia (Piemme 1998) – dal decano della spiritualità e dell’anima sonora B. B. King: chitarrista, cantante e uomo di blues per eccellenza. 

Riddley B. King era nato il 16 settembre del 1925 Itta Benna, nel Mississippi,ed è morto pochi anni fa (nel 2015) a Las Vegas il 14 maggio del 2015.

Oggi (16 settembre) anche il colosso (tra i motori di ricerca sul web) Google dedica la sua home-page all’artista, per celebrare il 94 anniversario dalla nascita dell’uomo di blues per eccellenza: l’uomo dal suono lungo e reiterato e spesso insistente fatto con «una sola», grazie al sustain del suo strumento e al tocco delle sue magiche dita (il sustain nella musica è la proprietà che uno strumento musicale ha di mantenere il suono nel tempo dopo essere stato suonato, imnsomma designa il lasso temporale entro cui il suono è udibile prima di esaurirsi). 

Google nel video animato – che ripropone un brano classico dal titolo  The Thrill Is Gone (standard blues composto da Roy Hawkins Rick Darnell pubblicato come singolo nel 1951 e riproposto nella versione più nota dal chitarrista statunitense B.B. King nel 1970) –  ripercorre la vita della star: dalle origini famigliari, al lavoro nella piantagione di cotone, alle sue prime apparizioni canore e sonore nella chiesa battista, sino alle tournée internazionali. Immancabile nel video e nella vita dell’artista la chitarra «Lucille». Per qualsiasi appassionato di blues il nome Lucille rimanda automaticamente alla chitarra di B.B. King. Lucille non è il nome che King ha dato a una sua sola chitarra ma il nome attarverso il quale King ha deciso di chiamare tutte le chitarre che gli sono passate tra le mani. Il nome rievoca un tragico fatto: un incendio in un locale causato da due contendenti in lite per una donna di nome Lucille. Locale che, dato alle fiamme dai due rivali in amore, vedeva King esisbirsi. 

King riuscendo a salvare se stesso e la chitarra, decise di dare allo strumento il nome della ragazza e in seguito di estenderlo poi a tutte le future «compagne con le corde»di viaggio e di concerti. 

B. B. King vive inizialmente in povertà. Il giovane passa la sua infanzia con la mamma e la nonna. Lavora come contadino, raccoglie il cotone (lo stereotipo comune afferma che il blues trovi le sue origini proprio nella sofferenza, nella lontananza dalle proprie terre di origine e dalla separazione con le proprie famiglie, da qui nasce canto che si eleva al cielo in occasione del faticoso lavoro forzatamente condiviso nelle piantagioni di cotone). 

B. B. King amava la musica, ascoltava i cantanti neri come T-Bone Walker Lonnie Johnson e gli artisti jazz come Django Reinhardt

Riddley (King), amava cantare e lo faceva nel coro gospel della sua chiesa battista (grazie anche all’esempio del padre chitarrista e che accompagnava la moglie, predicatrice locale, in occasione dei sermoni). Quando ebbe la possibilità di farlo, King decise di trasferirsi a Memphis nel 1946 per affinare la tecnica chitarristica grazie all’aiuto del cugino, Bukka White.

Nel 2010 il giornalista Mario Luzzatto Fegiz intervistando l’artista per il Corriere della Sera riportava queste parole: «Gli U2 – diceva King – vennero nel mio camerino dopo un concerto a Dublino. Persone semplici, immediate, senza la spocchia delle rockstar. Chiesi a Bono se aveva voglia di scrivermi una canzone. Mi disse subito di sì. Un anno dopo si fece vivo e mi chiese di suonare con il mio gruppo prima di loro (aprire una serata degli U2, ndr) in un concerto nel Texas. Ci incontrammo e mi spiegò che i nostri stili avrebbero potuto fondersi in una canzone che aveva scritto, «When Love Comes to Town»Parlava della crocifissione di Gesù. Brano bello, solido, intenso. Da ragazzino cantavo gospel nella chiesa del mio paese e sono rimasto molto religioso». 

King era un cristiano praticante, da ragazzino fu proprio il pastore che predicava nella sua chiesa natale, il pastore Archie Fair, a introdurlo allo studio della chitarra. Fair insegnò a King i primi accordi e King sempre in quegli anni decise di cantare il gospel nella chiesa battista di Elkhorn.

In una delle sue ultime interviste rilasciata al sito Christian Today al giornalista Carey Lodge, King affermava in tema di fede: «La chiesa è stata un luogo d’incontro meraviglioso. Sembrava sicuro e calmo. Le persone erano amichevoli e benedette; in chiesa puoi allungare la mano e goderti la compagnia dello spirito. Credo che ci sia un “grande spirito” che si prende cura di tutti noi. Credo che Dio abbia creato tutto. Sono stupito dal Suo lavoro manuale, dalle foreste, dagli oceani e dal cielo che ci circonda. Credo che Dio ci abbia creato. Ma la nostra natura non è sempre divina. Dio, come la vita o la morte stessa, è un miracolo e un mistero che non sarò mai in grado di poter spiegare o capire completamente. Sono contento di accettare le cose così come sono. Sulla vita dopo la morte?: “Tutti vogliono andare in paradiso, ma nessuno vuole morire per arrivarci!”».

Il libro G. Mattei, Anima Mia, Piemme 1998

«Éun’inchiesta sul rapporto tra musica e fede e raccoglie risposte alla domanda di Gesù: «Voi chi dite che io sia?».Non è una critica musicale – rileva Mattei –, non porta notizie per addetti ai lavori: biografie o discografie. Racconta storie interpellando rockstar e preti-cantautori. Molti dei quali hanno accettato di raccontare il loro rapporto con Dio».