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Ilaria Alpi, Miran Hrovatin, noi non archiviamo

Il 20 settembre si terrà l’udienza presso il Tribunale di Roma e dove il Giudice delle indagini preliminari (Gip) si esprimerà sulla terza richiesta di archiviazione relativa all’inchiesta sull’assassinio di Ilaria Alpi Miran Hrovatin avvenuto il 20 marzo del 1994.

La giornalista romana e il cineoperatore triestino furono uccisi a poca distanza dall’ambasciata italiana di Mogadiscio, in Somalia. Alpi e Hrovatin stavano seguendo per conto del Tg3 il ritiro delle truppe statunitensi dal paese, dove era in corso da anni una sanguinosa guerra civile. Parallelamente stavano indagando su un presunto traffico internazionale di armi e di rifiuti tossici che con la copertura della missione umanitaria avrebbe coinvolto anche società italiane.

«La procura di Roma – afferma Mariangela Gritta Grainer, già presidente dell’Associazione Ilaria Alpi – ancora una volta chiede l’archiviazione dell’inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Una scelta grave, avvalorata anche dalle dichiarazioni grossolane dell’avvocato Taormina che non ha perso l’occasione per continuare nella sua opera di sviare le vere ragioni per le quali Ilaria e Miran sono stati uccisi». Già una sentenza della Procura di Roma del 24 novembre 2000 affermava che si trattò «di un duplice omicidio volontario premeditato, accuratamente organizzato con largo impiego di uomini ed eseguito con freddezza, ferocia e professionalità omicida; che i motivi a delinquere dei mandanti ed esecutori, sono stati come dimostrato di natura ignobile e criminale, essendo stato il duplice omicidio perpetrato al fine di occultare attività illecite». C’è stato depistaggio, prosegue Gritta Grainer «ed è quanto appurato nella sentenza di Perugia che ha scarcerato Hashi Omar Assan. Il depistaggio potrebbe aver accompagnato l’inchiesta sin dall’inizio e forse essere ancora in atto».

Mandanti ed esecutori sono ancora impuniti. Un innocente è stato in carcere per 17 anni; Luciana Giorgio Alpi, i genitori di Ilaria, sono morti senza avere verità. «Questa richiesta di archiviazione – conclude Grainer – è l’ennesimo insulto alla giustizia, alla verità e alla dignità delle istituzioni preposte».

Dunque, per contrastare la richiesta di archiviazione è nata l’iniziativa nazionale promossa da Associazioni di categoria (e non) di giornalisti e sostenuta da tanta parte della società civile e intitolata: #NoiNonArchiviamo.

La prossima settimana,il 19 settembreè prevista una conferenza stampa presso la sede della Fondazione Murialdi per annunciare l’istituzione di un Fondo speciale che raccoglierà l’archivio della giornalista Ilaria Alpi.

Il 20 settembre si terrà un nuovo presidio davanti al tribunale in occasione dell’udienza sulla richiesta di archiviazione con l’adesione di Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi), del sindacato dei giornalisti Rai (Usigrai), del Comitato di redazione del Tg3, di Articolo 21, di Libera Informazione e dell’Associazione Amici di Roberto Morrione.

«Sarà l’occasione per ribadire che: #NoiNonArchiviamo Ilaria Alpi e Miran Hrovatin»,afferma Francesco Cavalli che è stato il fondatore, e per 19 anni direttore, del Premio Ilaria Alpi ed è il promotore insieme a Mariangela Grainer (da sempre vicina alla famiglia della giornalista uccisa in Somalia) delle iniziative previste per contrastare l’archiviazione la prossima settimana (insieme alla Fnsi).

Passare il testimone è importante, soprattutto dopo la morte dei genitori di Ilaria, lo affermava con forza anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un messaggio redatto in occasione del venticinquesimo anniversario dalla morte dei due inviati: «L’uccisione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin lacera profondamente, a 25 anni di distanza, la coscienza civile del nostro Paese […] Il testimone è nelle mani dei colleghi di Alpi e Hrovatin, dei giornalisti italiani, di quanti avvertono come un dovere onorare quell’impegno di coerente professionalità che, a Mogadiscio, gli assassini hanno voluto colpire. La libertà di stampa è il termometro della salute democratica di un Paese. Va coltivata e irrobustita ogni giorno. Centrale è la responsabilità delle istituzioni democratiche – affermava ancora Mattarella – affinché siano sempre promossi i principi della nostra Costituzione e delle dichiarazioni internazionali in argomento».

Il prossimo 20 settembre è atteso un passaggio fondamentale nel percorso di verità e giustizia sull’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin: «È un passaggio stretto – rileva l’avvocato Giulio Vasaturo, legale di: Fnsi, Ordine Dei Giornalisti ed UsigRai costituitesi parti offese nell’indagine sull’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin –. V’è il rischio reale di trovare, di fronte a noi, un ultimo e invalicabile muro contro il quale potrebbe arrestarsi, forse per sempre, il tormentato sentiero su cui ci ha instancabilmente guidato, sino al giugno 2018, Luciana Alpi. Come avvocato (mettendomi al fianco di chi rappresenterà in aula la famiglia Alpi, gli avvocati Carlo Palermo e Giovanni D’Amati), sento tutto il peso di questa vigilia. Al giudice per le indagini preliminari affideremo la nostra accorata e motivata istanza, affinché il duplice delitto della giornalista Rai e del suo operatore non venga lasciato impunito. Lo dobbiamo a chi ha sofferto direttamente nella più intima dimensione personale il dramma che si è consumato quel giorno; all’intera comunità dei giornalisti italiani che è stata sconvolta da quella barbarie; ma anche a chi, nel corso degli anni, ha patito sulla propria pelle gli effetti “collaterali” di un depistaggio che si protrae sino ai giorni nostri. Penso a Omar Hashi Hassan, che ha trascorso oltre sedici anni in carcere, da innocente, quale capro espiatorio di un crimine orrendo che menti raffinatissime hanno voluto e saputo attribuirgli: il più grande e grave errore investigativo commesso nell’ambito dell’inchiesta sull’omicidio Alpi-Hrovatin, ma non il solo».