marcha_contra_la_violencia_contra_las_mujeres_en_argentina

La sicurezza delle donne non è un reato

L’elezione di Mauricio Macri del 2015 ha visto lentamente ma drasticamente un peggioramento della situazione argentina. L’11 agosto 2019, il candidato peronista Alberto Fernàndez ottiene il 47 per cento dei voti alle elezioni primarie del paese. Ma questa sconfitta per Macri è solo una delle tante conferme di una presidenza fallimentare su più fronti. Così, nonostante si siano già organizzati numerosi scioperi, marce e proteste, che si stanno sincronizzando con quelle che stanno investendo e vedendo protagonista il Brasile di Jair Bolsonaro, uomini e donne di qualsiasi appartenenza e origine non smettono di scendere in strada e di portare disordini nel Paese.

L’entrata in carica di queste politiche sessiste, xenofobe e contrarie alla protezione dell’ambiente (in particolare riguardo alla foresta amazzonica) sta generando un’ondata di continue e violente proteste frenate altrettanto violentemente dalla polizia in tutto il Sud America, con numerosi feriti.

È del mese scorso la notizia di un comunicato speciale firmato dalla parte femminile del corpo della polizia argentina, guidata dall’ufficiale principale di Santa Cruz, Gabriela Macias. L’intento del comunicato stampa è quella di voler fermare gli abusi e le violazioni contro le donne all’interno delle istituzioni.

Un documento nuovo per la sua natura, consegnato al Ministero della sicurezza della Nazione, che ha fatto il giro del mondo per il suo contenuto e per la linea diretta con gli slogan e le proteste che coinvolgono l’attualità argentina.

Le poliziotte chiedono di non essere incaricate di svolgere servizio ai cortei femministi perché dichiarano non essere un reato manifestare per la sicurezza delle donne. Le donne guidate dall’ufficiale Macias ritengono che ai cortei di dissenso non debba essere inviata nessuna forza dell’ordine; né femminile, né maschile.

Ciò che sta accadendo in Argentina ormai da mesi sono violente e continue proteste contro l’andamento dell’economia nazionale, per la protezione dell’ambiente ma soprattutto per il ruolo della figura femminile (risale all’autunno 2018 il respingimento per la proposta di legalizzare l’aborto). Uomini e soprattutto donne rivendicano i propri diritti e la loro contrarietà verso le scelte della politica nazionale e in generale del continente. Tra queste donne si inseriscono anche le poliziotte argentine: «non tutte siamo poliziotte per vocazione, alcune lo sono per caso, altre per la povertà, altre perché siamo entrate come psicologhe professioniste e sociologhe, e tutte insieme stiamo dando vita a questa rete» scrivono sempre nel comunicato. «Siamo lavoratrici. Il nostro compito non è quello di reprimere ma di formarci e promuovere, in quanto donne, una maggiore prospettiva di genere nelle forze di sicurezza».

Una lotta partita dall’organizzazione dei cittadini argentini e divenuta così grande e imponente da raggiungere un seguito cospicuo.

«Siamo assolutamente contrarie alla repressione delle Organizzazioni di Donne Femministe e di fronte a qualsiasi episodio di violenza saremo sempre dalla parte delle donne che sono state represse e chiediamo che denuncino gli abusi di potere.»

Il documento presentato al Ministero diventa una nuova ma ennesima riprova del lavoro e del supporto della comunità argentina e sudamericana nei confronti delle donne e delle organizzazioni femministe.