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Protestanti di Francia e d’Italia, radici e prospettive comuni

«Un mio bisnonno, che di cognome faceva Bertin, è partito da Angrogna ed è arrivato a Nizza e poi a Marsiglia per motivi di lavoro. Laico, aveva una grande fede. Nel mio ufficio di Parigi conservo una copia della Bibbia da lui tramandata alla famiglia, in lingua occitana, patois. Gli ospiti che la vedono la sfogliano incuriositi, e ogni volta mi trovo a spiegare la storia dei Valdesi a chi non la conosce. Questo per dire quanto profondo sia il mio legame con queste terre e con la vostra chiesa e quanto sia dunque felice di essere ospite del Sinodo».

Il pastore François Clavairoly è presidente della Federazione protestante di Francia, che raggruppa la maggior parte delle chiese e delle associazioni protestanti transalpine, riformate, luterane, evangeliche, battiste, fino alle pentecostali, oltre a 80 associazioni ad esse legate per un totale di circa 3 milioni di fedeli. In questi giorni è ospite del Sinodo delle chiese valdesi e metodiste a Torre Pellice (To).

Pastore, quali sono le sue sensazioni relative ai lavori dei deputati sinodali?

«Siamo stati accolti benissimo, con grande calore. Sono colpito da come il Sinodo sia un evento di popolo, non solo di chiesa. Il corteo prima del culto, la partecipazione così ampia al culto inaugurale, direi davvero comunitaria, dentro e fuori il tempio, poi una cerimonia straordinaria, dinamica, multi-etnica e con una bellissima predicazione». 

Una delle criticità che da tempo affligge la chiesa valdese è quello del calo delle vocazioni e di conseguenza di figure pastorali. Problema condiviso sostanzialmente con tutte le chiese. Anche in Francia il problema è al centro dei ragionamenti del protestantesimo. Quali ricette state tentando di mettere in atto?

«E’ un tema che affligge pressoché ogni chiesa, e confesso che è una questione che mi sta particolarmente a cuore perché assistiamo alla lenta e costante erosione di pastore e pastori e ciò ci deve preoccupare molto. Molti fra i nuovi pastori diventano tali in età avanzata, da neoconvertiti o dopo aver scoperto il protestantesimo. Mancano i giovani che si iscrivono alle facoltà, problema anche questo comune un po’ a tutti. Stiamo cercando a vari livelli di sensibilizzare le nostre comunità locali»

La Federazione protestante di Francia è un organismo molto più ampio rispetto alla sua omologa italiana. Come tenere in piedi un così ampio spettro di visioni del Cristianesimo, dai riformati storici alle correnti evangeliche più moderne?

«Federiamo 30 chiese ma anche un grande numero di opere e di associazioni legate alle chiese, per cui il compito è certamente complicato. Intanto c’è una carta di intenti comune da sottoscrivere ovviamente, e uno statuto, per cui si presume che chi aderisce condivida quanto riportato nei nostri testi. Sono le questioni etiche che oggi ci pongono alla prova. Dall’approvazione nel 2015 dell’unione fra persone dello stesso sesso da parte dell’Epudf, la Chiesa protestante unita di Francia, sono emerse frizioni che ora si ripropongono con l’altro grande tema che sta coinvolgendo la società francese in questi mesi: la procreazione assistita. Il dibattito pubblico, che negli anni ’70 del secolo scorso era dominato dalla questione politica, è ora dominato dai temi etici; lì si gioca la battaglia dei nostri tempi. La sfida è armonizzare dove possibile le differenze. La federazione non è comunque una chiesa, per cui le opinioni sono declinate secondo le sensibilità delle varie realtà».

Il presidente della Repubblica Emmanuel Macron ha avviato un dibattito e un’ampia serie di consultazioni su un argomento che in Francia è un totem: la laicità. La volontà di “adattare ai tempi” la legge in materia, datata 1905, come vede reagire la Federazione protestante?

«Il desiderio legittimo di aggiornare una norma importantissima non deve portare a confondere piani o a agire con fretta. Assistiamo in Francia da un lato a un tentativo da parte dei partiti di destra di strumentalizzare il tema, con la volontà di neutralizzare la presenza islamica nella società e dall’altra alla volontà del presidente Macron di incardinare anche il variegato panorama musulmano nelle norme che regolano i rapporti fra le altre religioni e lo Stato. Il rischio, paventato da alcuni interlocutori, di prevaricazioni da parte dell’autorità statale nella vita delle chiese pare superato dopo i lunghi tavoli di concertazione di questi mesi. Rimane il discorso di fondo: la norma del 1905 non è pensata per ostacolare le religioni, al contrario anzi, nel separare i poteri afferma la piena libertà democratica delle fedi di esprimersi».

Altro tema in comune con le chiese protestanti italiane è quello della giustizia climatica. Che ragionamenti sono in corso in Francia?

«L’impegno è molto sentito e non nasce ieri. La federazione ha una commissione ad hoc presieduta dal luterano Martin Kopp, che ha anche un ruolo all’interno delle Nazioni Unite nell’ambito della tutela dell’ambiente, aspetto che ci consente di avere una interlocuzione di prima mano su tutto quanto riguarda questa sfida decisiva. La creazione del progetto delle chiese verdi ha già coinvolto oltre 200 parrocchie non soltanto in scelte pratiche di attenzione al Creato, ma anche attraverso riflessioni teologiche, materiali liturgici, proposte spirituali. L’attenzione è altissima, il tempo è scaduto e serve un cambio di marcia globale in materia».

Foto di Pietro Romeo