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Preoccupazione dei leader religiosi sulla Brexit senza accordo

Il premier britannico, Boris Johnson, autorizzato dalla Regina Elisabetta, ha ottenuto ieri la sospensione del Parlamento, mentre la Brexit si avvicina. Per 23 giorni lavorativi Westminster resterà chiuso, bloccato, senza la possibilità di approvare leggi (quella per congiurare il no deal in primis) né di sfiduciare il governo. L’impasse durerà fino al 14 ottobre, quando, cioè, mancheranno solo due settimane al 31 ottobre, data in cui – senza un nuovo provvedimento – scatterà il divorzio tra Londra e Bruxelles senza intese.

La forzatura del premier è stata accolta con proteste non solo dai leader politici dell’opposizione ma anche da tantissimi cittadini. In poche ore sono state raccolte più di 700mila firme a sostegno della petizione indirizzata al Parlamento per bloccarne la sospensione.

In queste ultime settimane anche diverse chiese del paese hanno fatto sentire la propria voce sulle conseguenze di una Brexit senza accordo. Appena qualche giorno fa più di venti vescovi della Chiesa d’Inghilterra hanno pubblicato una lettera congiunta nella quale si esortano i leader della nazione a fare chiarezza sui costi potenziali di una no-deal Brexit (Brexit senza intese commerciali tra Regno Unito e Unione europea).

La lettera in particolare elenca una serie di preoccupazioni che vanno dai toni accesi che stanno accompagnando il dibattito politico fino alle ricadute dell’uscita dall’Europa sull’economia irlandese.

I vescovi anglicani hanno fortemente criticato la «facilità con cui si possono dire bugie e rilasciare false dichiarazioni» e hanno invitato i leader «ad essere onesti sui costi delle scelte politiche, specialmente per le persone più vulnerabili».

A fine luglio i leader di diverse chiese avevano inviato una lettera aperta al nuovo Primo Ministro, Boris Johnson,a causa della sua posizione favorevole ad un’uscita dell’Inghilterra dall’Unione europea senza un accordo. Tra i firmatari: il segretario generale dell’Unione battista inglese, Lynn Green; Alan Donaldson, direttore generale dell’Unione battista di Scozia; Judith Morris, segretaria generale, dell’Unione battista del Galles; inoltre i leader della Chiesa metodista della Gran Bretagna, della Chiesa riformata unita, dell’Esercito della salvezza, dei Quaccheri in Gran Bretagna, e della Chiesa episcopale scozzese, che insieme contano circa 700.000 membri.

Nella lettera si legge: «In un momento in cui un numero crescente di famiglie ha difficoltà a mettere abbastanza cibo sul tavolo, riteniamo che sia irresponsabile prendere in considerazione un piano d’azione che potrebbe peggiorare tale situazione».

La lettera invitava inoltre Johnson a visitare uno dei tanti progetti di azione sociale condotti dalle chiese per sostenere milioni di cittadini che vivono in condizioni di povertà, per i quali c’è maggiore preoccupazione, una volt che sarà definitivo il divorzio senza intesetra Londra e Bruxelles.