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Un corretto rapporto tra fede ed esistenza

«Tornate a me», dice il Signore degli eserciti, «e io tornerò a voi»
Zaccaria 1, 3

Gesù dice: «Io non sono venuto a chiamare dei giusti, ma dei peccatori»
Matteo 9, 13

La predicazione di Gesù è spesso diretta contro il perbenismo legalista, arrogante, politicante e corrotto dei capi religiosi del suo tempo. Mentre, tra i suoi seguaci troviamo proprio coloro che dai primi sono considerati irrecuperabilmente perduti: prostitute, emarginati, malati, peccatori e peccatrici che non conoscono la Legge e i profeti.

Tra questi “cattivi amici e cattive amiche” troviamo Matteo, esattore delle tasse e per questo odiato dai Farisei come tutti quelli appartenenti alla sua classe sociale.

L’invito di Gesù rivolto a Matteo – “seguimi” – e il comportamento di Gesù suscitano la rabbia e l’opposizione dei benpensanti farisei che, rivolgendosi ai discepoli, dicono: «Perché il vostro maestro mangia con i pubblicani e i peccatori?» (Mt. 9, 11).

Gesù replica con un proverbio popolare: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Ora andate e imparate che cosa significhi: voglio misericordia e non sacrificio» (Mt. 9, 12-13).

Già nell’VIII sec. a. C. il profeta Osea aveva affermato in modo lapidario: «Poiché io desidero bontà, non sacrificio» (Os. 6, 6). E Amos, contemporaneo di Osea, è ancora più severo: «Se mi offrite i vostri olocausti e le vostre offerte, io non le gradisco. (…) Scorra piuttosto il diritto come acqua e la giustizia come un torrente perenne!» (Am. 5, 22-24). E Isaia: «Che m’importa dei vostri numerosi sacrifici?, dice il Signore (…), cercate la giustizia, rialzate l’oppresso, fate giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova!» (Is. 1, 11-17). E le citazioni potrebbero moltiplicarsi.

Ovviamente nella predicazione di Gesù non c’è alcuna intenzione di annullare il culto, ma di restituire al culto la sua giusta collocazione nell’esistenza umana. Gesù vuole affermare un corretto rapporto tra fede ed esistenza e impedire che il culto diventi uno spazio “sacro” per una alienante vita religiosa. La conclusione di Gesù è netta, chiara e inequivocabile: «poiché non sono venuto a chiamare dei giusti, ma dei peccatori» (Mt. 9, 13b).