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La lotta per la dignità

Nelle giornate tra l’11 e il 14 luglio 2019 Parigi ha vissuto l’ingresso sulla scena politica dei Gilets Noirs: uomini e donne esiliati, migranti, richiedenti asilo, rifugiati e sans-papiers che, oltre a presentare una continuità con le lotte dei Gilets Jaunes, si sono aggiunti al movimento per denunciare la situazione gravosa in cui versano sul territorio francese.

Nel giro di poche ore sono stati occupati l’atrio del Pantheon di Parigi e il Terminal 2 dell’aeroporto Roissy-Charles de Gaulle. Due luoghi cardine e simbolici per far sentire la propria voce: la culla della civiltà e dell’arte francese da una parte e dall’altra il punto di partenza dei rimpatri forzati e spesso segreti (definiti vere e proprie deportazioni) dei clandestini arrestati. Quello che chiedono i Gilets Noirs sono documenti, alloggi per tutti e una politica di accoglienza riconoscibile come dignitosa e umana.

Ogni epoca porta con sé delle battaglie e ognuna di esse ha un uomo che ne diviene simbolo e voce.

Nelle ultime estati italiane le morti dei braccianti senza documenti e senza libertà sono diventate un appuntamento fisso nei telegiornali regionali e nazionali. E incendi tra baracche realizzate con lamiere, aggressioni, omicidi e incidenti le storie delle condizioni dei “campi” sono diventate quotidiane e agghiaccianti.

Aboubakar Soumahoro (1981, Costa d’Avorio) è un dirigente sindacale di USB (Unione Sindacale di Base) che negli ultimi anni ha fatto del suo lavoro una realtà che tocca le punte più calde dell’attivismo radicale. A seguito delle morti di braccianti come Soumaila Sacko (Calabria, giugno 2018) o nelle manifestazioni dei lavoratori italiani ed europei, ha preso un megafono in mano e ha raccontato la realtà dei campi di raccolta del sud e del nord del nostro paese e non solo.

“Umanità in rivolta” (Feltrinelli, 2019) è il suo primo romanzo. Un memoir, un susseguirsi di avvenimenti che raccontano il suo viaggio iniziato appena 19enne da una Costa d’Avorio arida di possibilità fino all’arrivo in un’Italia accogliente ma sventurata. Il racconto di “Umanità in rivolta” è un messaggio che passa e trapassa le condizioni lavorative che lo stesso Soumahoro ha vissuto in prima persona – è stato bracciante, benzinaio e all’inizio della sua “carriera” italiana per poi svolgere molti altri lavori saltuari – ma insegna e segna anche i punti fondamentali dei valori di questo uomo, sindacalista e attivista. L’importanza della cultura (già da piccolo nel suo paese natale si impegna negli studi e una volta in Italia si laurea in sociologia) e la lotta per i diritti dei più deboli.

Con una voce limpida e scorrevole “Umanità in rivolta” parla del diritto alla felicità dei lavoratori. Della dignità dei braccianti, della parità salariale, delle condizioni nei campi, nelle fabbriche e del dovere di raggiungere un livello in cui chi lavora non debba essere più sfruttato, denigrato e abbandonato.

Ed è proprio del 16 luglio, probabilmente seguendo la scia delle influenze parigine, la notizia che ha visto protagonisti Soumahoro e altri braccianti nell’occupare simbolicamente la basilica di S. Nicola a Bari.

«Papa Francesco dice che il lavoro conferisce dignità all’uomo, però quello dei braccianti è un lavoro privo di dignità e diritti. Chiediamo un confronto con l’arcivescovo, perché la Regione e il governo latitano in totale indifferenza», ha dichiarato il sindacalista, per poi aggiungere «non basta accogliere ma fare in modo che poi questa accoglienza sia dignitosa».

Dichiarazioni forti, le stesse rilasciate alle manifestazioni sindacali come ai festival culturali che danno continuità a una lotta lunga e faticosa. Quella di un uomo che è voce della sua epoca perché l’ha vissuta, la conosce a fondo e ne riconosce pregi e difetti permettendo però di lasciare aperto, a fine lettura, uno spiraglio di speranza di cui si ha bisogno.

Umanità in rivolta, Aboubakar Soumahoro, Feltrinelli,126 p., 13,00 euro

Presso rue de Grenelle numero 7 c’è un palazzo che racconta un’eleganza d’altri tempi abitato dalle famiglie borghesi di Parigi. Al piano terra, in un angolo fresco e minuscolo passa le sue giornate Renée: la portinaia che tutti ignorano se non per chiedere favori piccoli e scambiare parole superficiali. Ma Renée non è ciò che sembra e dietro ai suoi occhi vispi e il suo silenzio prolungato si celano l’amore per l’arte, la filosofia e la cultura giapponese. Qualche piano più su c’è Paloma, una ragazzina di 12 anni che è nata con un’intelligenza straordinaria e il peso del mondo sul cuore. È figlia di un ministro, ha scelto di fingere di essere mediocre come tutto quello che la circonda e, la cosa più importante di tutte: ha deciso di farla finita.

“L’eleganza del riccio” è il titolo di questo classico delicato e straziante che regala l’incontro di due anime immense in un mondo che le soffoca senza riconoscerle mai. Una lettura ad alto tasso emotivo, culturale e umano. La possibilità di imparare qualcosa di sé dall’altro che sembra altro ma invece ci appartiene come una libertà ritrovata.

L’eleganza del riccio, Muriel Barbery, Edizioni e/o, 384 p., 16,00 euro