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Venti secoli di teologia . . . protestante

Distaccarsi dalle dottrine teologiche per vivere un cristianesimo pratico e sentimentale è come distaccarsi dalla moneta unica europea per tornare alla moneta nazionale: si perdono funzionalità e linguaggi difficili poi da riprendere. Il pensiero crea dubbi e inaridisce la fede? È vero il contrario. Quella che ci offre ora un groppo di studiosi di lingua francese per la collana delle «Introduzioni» della Casa editrice Labor et Fides di Ginevra è una storia della teologia lunga duemila anni*. La geografia comprende Vicino Oriente, Nordafrica, Europa, Nordamerica, in prevalenza. Come situare la teologia protestante nel tempo e lo spazio?

I collaboratori cercano di mantenere un tono chiaro. L’espositore non emette giudizi affrettati. Nel volume prevale il dettaglio, come conferma il direttore (Léchot) nella sua utile prefazione. Il baricentro sta già nei primi secoli: unità di Nuovo e Antico Testamento, subito oggetto di commento. Il carattere della teologia è dato dal tipo di commento, che non è quello dell’erudizione o della morale, ma quello della comprensione, del senso, della discussione. 

Abbondano le diversificazioni, le teorie legate a questo o quel personaggio. Due mi sono sembrati i punti di passaggio: Dionigi (circa 500; il nome è uno pseudonimo; non si sa chi sia), che apre l’epoca medievale, e Schleiermacher(1768-1834), che chiude l’epoca della cosiddetta scolastica protestante e apre quella della teologia moderna. Il primo insiste su «Dio-luce-nascosta» e offrirà anche alla Riforma un motivo sostanziale di riflessione (oltreché lo stemma valdese!); il secondo continua sull’intimità della fede personale.

Dio e mondo sono uniti per la loro differenza. Questa unità e questa differenza diventano poi profondità e altezze che uniscono Dio e uomo (cominciando da Gesù), ma anche li mettono uno di fronte all’altro. Impressionante l’idea di «incarnazione» di Dio. Di ciò discute ampiamente il Medioevo. Degli 11 capitoli il più lungo (Vogel) è dedicato alle «Riforme» (con accento su Lutero e sviluppi) e il successivo agli sviluppi della teologia protestante (poco meno lungo). Il paradosso serpeggia nel Medioevo e trionfa nella Riforma: ma non tutti lo intendono nello stesso modo. Perciò battisti accanto a luterani, metodisti accanto a Anglicani, Rousseau accanto a Voltaire e così via per molti altri nomi. Il capitolo che viene in successione è il secondo per lunghezza (Tétaz); è dedicato a Illuminismo e filosofia del primo Ottocento, dove si attua una svolta importante per il pensiero protestante, anch’essa richiamata già nella prefazione. Tante cose note, ma anche puntualizzazioni contro vecchi luoghi comuni.

Nel complesso un tentativo riuscito di situare la teologia protestante nel lungo sviluppo dei venti secoli. Per venire più vicino a noi, un collaboratore (Chalamet) constata un certo arretramento della teologia nel perimetro segnato dalla liturgia e un abbandono o quasi di quel dialogo con il mondo, di cui abbiamo sentito tanto parlare nel secolo XX (capitolo terzo per ampiezza). 

Il discorso non può chiudersi così. Qualche cosa sembra aver reso impossibile nel nostro tempo un accesso a Dio o almeno un confronto con Dio. Il moralismo non è la soluzione, come non lo è il rifugio nell’intimità o nell’attivismo. Allora che cosa? Questo libro ci aiuta a fare luce sulla struttura del pensiero cristiano (in luce protestante), in attesa che si presenti un avvenire degno di un così grande passato.

* Pierre-Olivier Léchot (dir.), Introduction à l’histoire de la théologie, (contributi di André Birmelé, Christophe Chalamet, Gilbert Dahan, André Encrevé, Pierre-Olivier Léchot, Élisabeth Parmentier, Jennifer Powell McNutt, Jean-Marc Tétaz, Anna Van Den Kerchove, Marc Vial, Lothar Vogel). Genève, Labor et Fides, 2018, pp. 631.