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Insieme per Nôtre Dame

Le rive della Senna sono state teatro di una scena senza precedenti. Sotto il ponte dell’Arcivescovado, due giovani ripetono, concentrati, un canto di lode. «Veniamo dal coro della moschea Mehfile Zainab, di Courneuve, non lontano da Parigi» dicono. Un po’ oltre, accompagnato da un’ ensemble strumentale, si alza un coro: «Tu Notre-Dame de Paris, sei per noi un luogo di unione». Sono cristiani e musulmani e, fianco a fianco, si uniscono nel loro desiderio di condividere un momento di comunione vicino alla cattedrale, che si trova a pochi metri di distanza.

Dopo diverse canzoni e discorsi, le letture del Corano e del Vangelo si susseguono. I passanti si fermano, incuriositi dall’armonia delle voci e dall’alternanza tra francese e arabo. «È simbolico quello che sta succedendo oggi», dice uno degli spettatori, mentre un altro saluta «lo spirito di unità che è la forza di questo tipo di eventi». In totale, un centinaio di persone si soffermano, contribuendo a un’ondata di intensa solidarietà.

Sensibile al riavvicinamento interreligioso, Laurent Grzybowski – giornalista de La Vie e uno degli organizzatori dell’incontro – ha scritto una canzone islamico-cristiana. Ma questo dialogo rimane, secondo lui, una scelta di una minoranza che solleva molte riserve in larga parte della società civile. «Queste resistenze mostrano che questo fenomeno ci sfida. L’evangelismo non è un proselitismo, è una conversazione su un piano di uguaglianza», ragiona.

«Se vuoi che gli uomini fraternizzino, mettili insieme per costruire luoghi di culto! Questo è il messaggio portato da Ghaleb Bencheikh, presidente della Fondation de l’Islam de France, sottolineando che la ricostruzione di Notre-Dame de Paris è l’allegoria della ricostruzione dell’intera nazione.

Perché la costernazione davanti al fuoco della cattedrale è stata condivisa da tutti, a prescindere dalle tradizioni: «Per molti era come un santuario, molto più della semplice cattedrale dei cattolici a Parigi», dice Denis Jachiet, vescovo ausiliare di Parigi.

Ghaleb Bencheikh vede la ricostruzione in arrivo come un atto fisico – dal momento che l’incendio ha devastato l’edificio stesso – ma anche politico. Si tratterà di ricreare una coesione nella nazione, di far dialogare diversi culti. «L’obiettivo comune sarà quello della laicità, gli archi del contrafforte che reggono la nuova costruzione saranno quelli della bontà e della misericordia» conclude.

Foto: By Remi MathisOwn work, CC BY-SA 4.0, Link