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Il direttore della ed. Claudiana, Manuel Kromer: «Quello per il libro e la lettura è un buon testo di legge»

 

È stato approvato l’altro ieri all’unanimità dai gruppi parlamentari il testo di legge che cerca di rimettere al centro nelle scelte politiche il libro e la lettura. Un testo, condiviso nella Commissione cultura presieduta da Luigi Gallo (M5S) e che ha messo insieme diverse proposte, quella di Flavia Piccoli Nardelli (Pd), di Daniele Belotti (Lega, sottoscritta dai Cinque stelle), di Federico Mollicone (FdI), di Paola Frassinetti (FdI) e di Luigi Casciello (Forza Italia).

Un provvedimento, dicono gli estensori «a sostegno di tutti gli attori della promozione alla lettura: dalle librerie alle biblioteche civiche, dal Centro per il Libro (che vede quasi raddoppiati i fondi), alle scuole».

Tuttavia c’è un pomo della discordia: lo sconto fissato con un massimo del 5% (contro il 15% previsto dalla precedente «legge Levi» approvata nel 2011) inserito nel nuovo testo, e voluto per «proteggere la catena dei librai indipendenti dallo strapotere della grande distribuzione e dal commercio online» e immediatamente contestato dall’Associazione italiana editori (Aie) oggi guidata proprio dall’estensore della legge del 2011, Ricardo Franco Levi.

«Il mondo editoriale si è spaccato negli ultimi anni in due associazioni di categoria, l’Associazione italiana editori (Aie) e l’Associazione degli editori indipendenti (Adei)  – ricorda il direttore della Claudiana editrice, Manuel Kromer, incalzato da Riforma.it – e proprio sulla questione della rappresentatività dei piccoli e dei medi editori. Nell’Associazione degli editori indipendenti sono confluiti principalmente i piccoli e medi editori, mentre l’Associazione italiana editori, sempre più, asseconda e rappresenta gli interessi dei grandi gruppi editoriali. Questo dato è facilmente riscontrabile anche nella recente polemica nata dalla proposta di testo di legge dedicato al libro e alla lettura che ha visto il presidente dell’Aie contestare la scelta dello sconto massimo fissato al 5%. Una scelta che – prosegue Kromer –, si rifà a quella francese, dunque una scelta non peregrina nel panorama europeo, volta a tutelare i piccoli e medi editori e i librai. Tant’è che il comunicato congiunto dell’Adei, insieme al sindacato italiano dei librai e cartolibrai e l’Associazione dei librai italiani, afferma che le librerie indipendenti e i piccoli e medi editori sono a favore di questa legge. I contrari, invece, rappresentati dall’Aie, sono i grandi gruppi editoriali e le grandi catene di distribuzione. Noi – prosegue Kromer – siamo profondamente convinti che una limitazione dello sconto al 5% sia compatibile con il mercato. Il fatto, poi, che questa nuova legge, come afferma l’Aie, penalizzi le famiglie non è affatto vero. Più alta è la percentuale di sconto, più alto è il prezzo di copertina e anche se sembra un’ovvietà è un dato di fatto, dal momento che l’editore non può produrre in perdita».

La proposta redatta dalla Commissione cultura la soddisfa? 

«La proposta di legge è importante, seppur perfettibile, perché investe risorse nel campo della promozione della lettura e della cultura. Inutile girarci intorno, oggi è evidente un problema: la concentrazione di grandi player e gruppi editoriali che cercano di “strozzare” il mercato, a partire da Amazon. Un esempio lo abbiamo visto recentemente con la decisione dell’Aie, fortunatamente contrastata con successo dall’Adei, di togliere il salone del libro a Torino per portarlo a Milano».

Perché i piccoli e medi editori danno così fastidio ai grandi?

«Perché – aspetti commerciali a parte – si vorrebbe omologare la cultura. Questa invece non può e non dev’essere omologata. La cultura ha bisogno dei piccoli e dei medi editori come garanzia del pluralismo. Così come avviene per le testate giornalistiche italiane. Immaginate cosa leggereste se da domani ci fossero solo due testate giornalistiche riferibili a due proprietà distinte. Sarebbe la morte del pluralismo e della democrazia rappresentativa, del dibattito culturale.

Difendere il piccolo per avere una dimensione culturale più grande, è così?

«Oggi le librerie indipendenti e le piccole e medie case editrici rappresentano quei luoghi in cui il dibattito culturale rimane vivo. Un libro scomodo, che può far discutere e che tocca punti critici, o che può essere considerato di “nicchia”, in caso di monopolio editoriale difficilmente potrebbe trovare il favore delle grandi concentrazioni editoriali o delle catene di distribuzione interessate ai numeri e alle vendite. Mentre un libraio o una casa editrice specializzata sarebbe la prima a volerlo seguire dalla produzione sino alla distribuzione. Pensate a temi sensibili quali l’ecologia, anche se oggi di “moda”, o relativi alla questione gender, per fare solo due esempi».

Dunque una legge a tutela della cultura e del pluralismo?

«Questa legge è sostenuta dai piccoli e medi editori: dall’Adei che raggruppa duecentocinquanta editori, dunque non una piccola associazione di categoria, dall’Associazione librai italiani e dal sindacato librai e carto-librai, siamo tutti concordi nel dire che oggi è un grande passo in avanti e ci auguriamo, quindi, che questo disegno di legge possa velocemente essere licenziato dalle Camere».