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Good Omens

In Il pendolo di Foucalt Umberto Eco raccontava dei nemici che fraternizzavano ai tempi delle Crociate: cristiani da una parte e musulmani dall’altra, tutti avevano in comune il codice cavalleresco e tra cavalieri ci si intende. Immaginiamo per un attimo di elevare la fraternizzazione, immaginiamo che un angelo e un demone si riconoscano reciprocamente come colleghi, pur impiegati da opposte fazioni: ecco l’idea di fondo di Good Omens, la miniserie televisiva di Amazon Prime Video diretta da Douglas Mackinnon, tratta dall’omonimo romanzo di Terry Pratchett e Neil Gaiman, visibile in streaming dal 31 maggio scorso (6 puntate da 50 minuti circa).

Il romanzo uscì nel 1990, non a caso all’indomani della caduta del Muro di Berlino. La contrapposizione tra i due blocchi occidentale e orientale ha ispirato la guerra fredda che da seimila anni vede gli angeli da una parte e i demoni dall’altra. In Italia, purtroppo, solo nel 2007 Mondadori ha pubblicato la traduzione di Luca Fusari, intitolata Buona Apocalisse a tutti, rendendo pertanto meno intuibile il collegamento tra la Guerra Fredda e il conflitto tra le forze celesti e infernali.

Come due spie, l’angelo Azraphael e il demone Crowley si incontrano ogni tanto a St. James’s Park a Londra. Da tempo hanno compreso che non ha senso farsi la guerra: gli umani, infatti, sanno essere benissimo buoni senza l’aiuto di un angelo o cattivi senza l’aiuto di un diavolo. Anzi, Azraphael e Crowley capitalizzano sulle buone e cattive azioni degli esseri umani, attribuendosene il merito presso i superiori (o inferiori, nel caso del demone).

Good Omens (letteralmente “Buoni presagi”) narra di un mondo che è stato creato esattamente come racconta la Genesi, dove Adamo ed Eva sono stati tentati dallo strisciante Crowley (dal verbo inglese to crawl), casualmente omonimo del celebre satanista del XX secolo. I dinosauri e il Carbonio 14 sono enormi depistaggi operati dagli angeli, perché non è bene che gli esseri umani conoscano come stanno le cose.

A circa seimila anni dalla Creazione, sta arrivando la Fine del Mondo: la resa dei conti tra forze del Bene e forze del Male, tra eserciti di angeli sicuri di vincere definitivamente e schiere di demoni convinti che “non si sa mai”. A Crowley viene affidato il compito di inserire in una famiglia l’Anticristo, venuto al mondo come un bambino, anzi, in un cesto di vimini come un piccolo Mosè.

Tutto secondo i piani, sembrerebbe. Ma a Crowley la Fine del Mondo non sta bene: si è affezionato al mondo, agli esseri umani, alle automobili, alle piante, ai dischi dei Queen. Quand’anche le forze del Male vincessero l’Armageddon, i suoi compagni sono noiosi e naif, ignoranti e sporchi.

Allora Crowley tenta Azraphael, perché sa che anche lui sta bene al mondo. L’angelo ama, infatti, i libri e la buona cucina. «In Paradiso non fanno il sushi, lo sai» è la frase con cui la tentazione va a buon fine. Fermare l’Anticristo, fermare l’Armageddon, restare così come si sta da millenni, sospesi tra Bene e Male. Restare umani.

Se per Crowley fare di testa propria è nella sua natura, per Azraphael è diverso. L’angelo è convinto che in Paradiso saranno contenti della carneficina evitata, della distruzione scongiurata. La verità amara è che i suoi compagni, Gabriele e Michele in testa, sono degli impazienti guerrafondai, sicuri che la guerra finale sarà buona e giusta, perché sancirà la vittoria definitiva del Bene sul Male. E l’estinzione degli esseri umani è un accettabile effetto collaterale.

Dio non partecipa direttamente all’affaire Armageddon. Nel libro è una presenza assente, nella serie TV è il narratore onniscente, anzi, la narratrice, affidato alla voce della grande Frances McDormand (in italiano alla sua doppiatrice abituale Antonella Giannini). E ci si domanda se Dio apprezzi l’operato degli angeli o se non preferisca piuttosto la strana alleanza tra Azraphael e Crowley, interpretati dai bravissimi Michael Sheen e David Tennant.

Il romanzo e la serie sono considerati da molti blasfemi, anche da parte dello stesso co-autore Neil Gaiman. E forse, in un certo senso lo sono, se per blasfemo intendiamo qualcosa di scandaloso che è riferito a Dio. È scandaloso pensare che Dio non condivida il proprio Piano neanche con i suoi più fidati angeli. È scandaloso pensare che un demone possa fare una cosa giusta e che un angelo non cada nell’allearsi con un demone. È scandaloso pensare che i destini dell’umanità siano affidati a un bambino, vocato a essere l’Anticristo, ma che potrebbe anche ribellarsi al destino. È scandaloso pensare che potrebbe essere sbagliato esseri fedeli al testo biblico (dell’Apocalisse, in questo caso).

Di certo, però, non è scandaloso far riflettere sul rapporto tra Bene e Male o sul Piano di Dio o sulle possibilità dell’essere umano. Non è scandaloso mostrare come i bambini, anche se vocati al Male, hanno la forza e la volontà di fare il Bene, meglio di adulti o perfino di angeli millenari. Non è scandaloso presentare una realtà dove l’inspiegabile, l’ineffabile ha un senso, ma che quel senso non deve essere necessariamente noto.

Good Omens è una miniserie spassosa, degna trasposizione di un romanzo geniale e divertente che, tra una battuta e un’altra, tratta di questioni serie. Probabilmente, un cristiano che legge la Bibbia potrebbe godersi di più la storia, purché non si prenda troppo sul serio. La Bibbia e la fede cristiana sono, infatti, da prendere sul serio, ma questa serietà non si trasferisce automaticamente al cristiano che legge la Bibbia, che deve sempre avere la consapevolezza di essere testimone della Parola e per il resto tentato a fare il Bene o il Male. O come avrebbe detto Lutero, “allo stesso tempo giusto e peccatore”.