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Ricette e precetti: 45 proposte culinarie

Il volume Ricette e Precetti è stato curato e scritto da Miriam Camerini, regista, attrice e studiosa di ebraismo. Analizza il legame delle religioni monoteiste con il cibo, fornendo esempi concreti.

Il volume (edizioni Giuntina) vede la collaborazione del sito Labna.it per le ricette, del pittore milanese Jean Blanchaert per le illustrazioni e di Angelica Gerosa per i colori.

Come nasce l’idea di Ricette e Precetti?

«Il libro è nato da una rubrica che ho tenuto per cinque anni dal 2014 sul mensile Jesus delle Edizioni San Paolo, dal titolo Ricette e Precetti. Ogni mese raccontavo pietanze e cibi derivati da un precetto religioso. La rubrica era inserita nella sezione ecumenica del giornale, quindi cercavo di alternare tra ebraismo, cristianesimo ed islam».

Che metodo di lavoro hai seguito per recuperare le ricette?

«Sono partita temendo che non sarei mai riuscita a superare le 12 uscite. Per l’ebraismo è stato più facile: è la mia fede, sono osservante e sono cresciuta in una casa che segue le regole alimentari ebraiche, la kasherut. Per le altre due religioni, cristianesimo e islam, ho letto moltissimo, mi sono documentata. È diventata una missione da compiere durante i miei numerosi e lunghi viaggi. Andavo a chiedere alle autorità religiose, mamme, nonne, famiglie, panettieri, cosa potevano raccontarmi della loro vita tra cucina e pratica religiosa. Ogni luogo è diventato territorio di indagine: dai mercati dell’Uzbekistan, alla città vecchia di Gerusalemme, fino a una panchina a Venezia il giorno di Pasqua».

Che differenze hai potuto notare tra le tre religioni, a livello di precetti e regole alimentari?

«L’ebraismo, tra queste tre, è la religione che ha più precetti: se ne contano 613. Cristianesimo e islam in generale hanno un rapporto con il precetto meno intenso. Nel cristianesimo certamente c’è un legame con ricorrenze e festività, come il venerdì di magro, la quaresima. Nel caso dell’islam è un po’ diverso, perchè il Ramadan può cadere in qualunque momento dell’anno, quindi non c’è una stagionalità. Ciò che ho apprezzato nella cultura del cibo dell’islam è la semplicità e il rapporto molto particolare con il dattero: si rompe il Ramadan prima di tutto con acqua e datteri e c’è qualcosa di molto umile nel cercare di trovare nutrimento e zuccheri in questa pianta. In generale c’è una forma di semplicità, quasi mistica, che attraversa tutte le culture religiose».

Ci puoi raccontare una ricetta, e ovviamente anche il suo precetto?

«Farò l’esempio ebraico del gefilte fish, con cui apro il libro, che significa “pesce ripieno”. L’idea è quella di osservare sia il precetto positivo dello shabbat, il sabato ebraico, cioè mangiare carne e pesce a simboleggiare la festa, ma anche rispettare il divieto di separare la parte edibile di un cibo dal suo scarto. In questo caso la polpa del pesce dalle lische. Gli ebrei del centro e est Europa hanno inventato questo escamotage: si prepara il pesce prima del sabato, estraendo tutta la parte che si vuole mangiare e lasciando da parte le lische. Si trita il tutto e si inserisce questo polpettone, condito e speziato, all’interno della pelle del pesce».

Quindi una ricetta che esiste in virtù del precetto religioso. I divieti stimolano la fantasia?

«Credo che molto spesso le invenzioni e le idee più geniali vengano da una costrizione. Non è vero che l’assenza di regole libera la creatività, casomai il contrario: più abbiamo dei vincoli da rispettare e osservare e più vengono fuori le idee, incanalate dalla necessità di trovare una via d’uscita».

 
Foto: gefilte fish