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Chiese protestanti in Italia: fermare le armi verso lo Yemen

La Commissione globalizzazione e ambiente (Glam) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) si esprime ancora una volta per il blocco della produzione di armi e per la riconversione delle industrie belliche.

«Il 26 giugno scorso, appena votata la mozione per il blocco immediato delle esportazioni di bombe e missili ai paesi coinvolti nella guerra in Yemen – denuncia la Glsm – a ruota è arrivata ai lavoratori della Rwm di Domusnovas la lettera del direttore generale di Rwm Italia che annunciava una riduzione dei contratti, mentre la stessa azienda sta trattando per avere altri 136 ettari per un ampliamento, rispetto al quale è stato depositato un ricorso al Tar».

La risoluzione di maggioranza depositata alla Camera, approvata con 262 voti favorevoli, 0 contrari e 214 astensioni, non riguarda tutti i tipi di armamenti, come richiesto dall’opposizione con mozioni più vincolanti, ma è in linea con le disposizioni della legge 9 luglio 1990 n. 185 in materia di esportazioni di armamenti. «Questo atto del Governo italiano è anche il risultato della lunga resistenza e dell’impegno, in Sardegna e nel Paese, delle associazioni storiche per il disarmo, delle organizzazioni umanitarie, dei lavoratori del porto di Genova e di Livorno che hanno rallentato il trasferimento delle armi stesse e, infine, della pressione internazionale» continua la Glam.

«Il governo tedesco sta osservando un embargo temporaneo verso l’Arabia Saudita, lo stesso che nei primi 6 mesi del 2019 ha autorizzato l’export di sistemi di difesa per 1,1 miliardi verso diversi Paesi coinvolti in quella guerra. Grazie all’associazione pacifista Campaign Against Arms Trade, il governo britannico ha deciso di non dare il via libera a nuove vendite militari ai Paesi della coalizione a guida saudita impegnati nella guerra in Yemen, almeno fino a quando non riuscirà a ribaltare l’ultimo giudizio della Corte d’appello».

Il Parlamento europeo ha richiesto un embargo comunitario, in parte ignorato, e i parlamenti di Stati Uniti, Svezia, Finlandia, Norvegia e Olanda hanno annunciato la fine di tutte le forniture militari sia all’Arabia Saudita che agli Emirati. In Svizzera, come spiega il portale voceevangelica.ch, in soli sei mesi sono state raccolte 134.000 firme per una iniziativa popolare “di correzione” contro l’esportazione di materiale bellico dalla Svizzera verso paesi in guerra civile. Le firme sono state depositate presso la Cancelleria federale di Berna il 24 giugno scorso.

«Il Comitato per la riconversione della fabbrica sta chiedendo un intervento pubblico – fa presente ancora la Glam, ribadendo l’importanza di un coinvolgimento diretto della cittadinanza e delle chiese – . In tutto questo percorso ricordiamo la presenza di organizzazioni cristiane, fra cui le chiese battiste in Sardegna, oltre alla Glam, alle reti e movimenti per un’economia giusta e non armata, per la finanza etica e gli osservatori internazionali e territoriali. La determinazione, la dignità e il coraggio civile del Comitato e dei cittadini che lo sostengono sono come un fiore nella palude».

La Commissione globalizzazione e ambiente della Fcei ricorda che «storie analoghe di rigetto dal basso di fabbriche di morte in Italia raccontano di siti inquinati abbandonati. Come ad esempio Portovesme, nel Sulcis Iglesiente, una delle regioni più povere del Paese, dove dopo decenni di distruzione dell’ambiente si parla di interventi di bonifica del porto e di riaperture di quelle attività».

Nel denunciare «l’incuria delle istituzioni, la corruzione, le mafie e l’assenza di una cultura del bene comune», la Glam ribadisce «l’urgenza di fermare questa produzione che alcuni ancora chiamano ‘progresso’ e ‘sviluppo’” e conferma il suo sostegno “alla visione che anima chi sta conducendo questa lotta».