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Gli stranieri di oggi, gli stranieri di domani

Un italiano su cinque tra quelli che si sono trasferiti all’estero nell’ultimo anno aveva meno di 18 anni. La pubblicazione del Rapporto Junior da parte della Fondazione Migrantes uscita il 19 giugno 2019 non fa che confermare con dei dati spiazzanti i servizi, i titoli e le discussioni a cena sulla “fuga dei cervelli”. Perché l’Italia pur stando al centro dei dibattiti sui corpi delle vite che lo attraversano è un paese che ignora chi sceglie di andarsene e perché. E sono tantissimi, soprattutto giovani: ragazzi che sradicati e/o supportati dalle famiglie, sono andati fuori confine per avere una vita migliore.
Arrivato nella cinquina finale del PremioStrega 2019, edito da La nave di Teseo e pubblicato sul nascere di un 2019 in cui di migrazioni se ne sentirà parlare ancora per molto, La Straniera di Claudia Durastanti. L’autrice ha fondato un festival di letteratura italiana a Londra, dove vive, ed è talmente giovane che questo libro, che è sia racconto e ricordo, non so come sia riuscita a crearlo.
Una lettera d’amore lunghissima. Così la racconta nelle interviste e così si manifesta, con uno degli incipit meglio scritti che mi siano mai capitati ultimamente: un uomo e una donna si incontrano quando lui sta per tentare un suicidio e lei in un certo senso lo salva. 
Il lirismo magico e il suono assente di questo romanzo fanno da culla a quella che è la vera e propria storia di Claudia Durastanti. Classe 1984, nata a Brooklyn, rimasta in America fino ai 6 anni e trascinata in Basilicata per ricominciare insieme a suo fratello e ai suoi genitori stravaganti e inaccessibili una vita difficile e differente. Con i ricordi delle strade americane e l’educazione scritta con le parole storpiate per non farsi prendere in giro dai compagni delle pluriclassi lucane.
La Straniera in questo romanzo non è solo la protagonista reale; una bambina e poi ragazzina cresciuta tra le stramberie di due genitori affetti da sordità ma ostinati a vivere la vita secondo le loro regole. È anche l’etichetta perfetta per un’intera generazione; e se sei capitato nel mondo tra gli anni ’80 e gli anni ’90 capirai sin da subito che a prescindere dalla latitudine è la tua.
Essere italiani e giovani, essere pieni di talento e paure, sentirsi schiacciati dalla periferia, sbattuti da un paese minuscolo, dalle possibilità mancanti, dall’arretratezza culturale.

La Straniera è un inno per i giovani che pensano da mesi “ora me ne vado” ma senza una voce per urlarlo, quella che madri e padri interiori hanno tentato di addomesticare con l’unico successo di averle spezzate. Un memoir famigliare sulle scelte e sui passi avanti o indietro di un albero genealogico fatto di rami verdi e foglie secche. Tutto raccontato con stralci di vita violenti e pieni di poesia, i gesti di genitori che non sanno sentire ma hanno tanto da chiedere e riflessioni degne di un buon saggio di sociologia.

“Possiamo fallire una storia d’amore, il rapporto con una madre. Ma quando una città ci respinge, quando non riusciamo a entrare nei suoi meccanismi più profondi e siamo sempre dall’altra parte del vetro, subentra una sensazione frustrata di merito, che può farsi malattia. Straniero è una parola bellissima, se nessuno ti costringe ad esserlo; il resto del tempo, è solo il sinonimo di una mutilazione, e un colpo di pistola che ci siamo sparati da soli”.
Dei 129mila connazionali che l’anno scorso hanno lasciato l’Italia, 24mila di loro erano minori. Un dato impressionante come lo è il vuoto di parole che lo ha accompagnato. Di queste infanzie strappate ai loro confini originari con la speranza di una vista più ampia, di queste vite che hanno scelto di non tornare indietro, riempiendoci di dubbi, un romanzo che potrebbe essere il principio di una risposta di cui abbiamo più bisogno di quello che crediamo.  Per tornare un giorno senza sentirci come in fondo, anche restando, ci sentiamo: stranieri.

La Straniera, Claudia Durastanti, La nave di Teseo, 285 p.,18.00 euro