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Elementi per un dibattito su “genere e sessualità”

Il dibattito su “genere e sessualità” nelle chiese di tutto il mondo non si conclude mai e continua con una riflessione approfondita a diversi livelli e a diverse latitudini. Tutto questo è da accogliere nella fiducia che il dialogo e la speranza possano prevalere sui pregiudizi, sulla discriminazione e sull’incomprensione ma il cammino è lungo e accidentato e i modi della conoscenza reciproca talvolta impervi. 

Il tema è tanto delicato quanto complesso per la vita e la fede delle persone e delle coppie e dunque gli sforzi in questa direzione ricominciano sempre e ancora di nuovo: l’accoglienza delle persone lgbtqi, pur sempre in bilico, viene riaffermata pienamente da più parti anche sulla base di considerazioni storiche che hanno portato i protestanti negli ultimi due secoli a impegnarsi in importanti battaglie contro la discriminazione verso le diversità e il riconoscimento dei diritti civili. Il fronte tuttavia non è compatto e il dibattito continua. 

Nella Facoltà valdese di teologia a Roma da alcuni anni è attivo il corso di “Studi femministi e di genere” in cui Letizia Tomassone affronta diverse sfaccettature del dibattito sul gender, sia dal punto di vista ecumenico intra-evangelico sia nel dialogo con il mondo cattolico. Si legge nel programma che sono in gioco la teologia naturale e l’essenzialismo di genere, così come il conflitto delle interpretazioni dei testi biblici e il corso intende offrire le basi per una discussione aperta e inclusiva, presentando anche le teologie queer, le teologie femministe e riflettendo su una nuova comprensione della fluidità di genere.

È di questi giorni la notizia che la Comunione delle chiese protestanti in Europa (Geke-Cpce) ha istituito una commissione di studio con un gruppo di lavoro preliminare al fine di offrire alle chiese un documento di riflessione in campo etico che è in preparazione nei prossimi anni. Per la Chiesa valdese chi scrive è stata incaricata di parteciparvi, portando l’esperienza del documento Famiglie, matrimonio, coppie, genitorialità approvato in Sinodo valdese nel 2017, dopo due anni di dibattito nelle chiese locali che prosegue adesso alla luce del documento sinodale. Ricordo anche di averlo presentato nel luglio scorso a Madonna di Campiglio al Corso di Alta Formazione organizzato dalla Pontificia Università Lateranense insieme all’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia, inaugurato con un dialogo tra cattolici, protestanti e ortodossi proprio su queste tematiche.

In ambito cattolico, il nuovo documento della Congregazione per l’educazione cattolica, con esperti di diverse discipline (filosofia, pedagogia, scienze dell’educazione, diritto ecc.), individua in un approccio dialogico la via del confronto con altre posizioni che fino a poco tempo fa erano sbrigativamente liquidate come “ideologia del gender”. Si riconosce cioè l’alto rischio, in una materia tanto delicata, di fraintendimenti e conflitti ideologici per sciogliere i quali risultano opportuni – si legge – tre atteggiamenti: ascoltare, ragionare e proporre. Il documento infatti riconosce che gli studi di genere in campo multidisciplinare sono da prendere sul serio e avvia un’apertura e un ascolto che non possono che essere accolti positivamente. Il documento offre soprattutto un metodo di intervento in campo educativo, che chiarisce, mantenendola ferma, la proposta cattolica, calata però in un contesto plurale. Certo, il documento è l’occasione per ribadire la distinzione netta tra maschile e femminile, in base a differenza biologica che poggia su un dato di natura, e si esprime scetticismo verso  un approccio storico-culturale che invece contrasta l’essenzialismo, valorizzando i tanti modi di fare famiglia, di amare e di vivere in coppia che l’umanità ha saputo esprimere nel passato e nel presente, vivendo da credenti come anche i racconti biblici testimoniano. Insomma, ci viene ricordato che la famiglia voluta da Dio è una sola, le altre sono da ascoltare e accogliere ma rimangono sotto il segno della irregolarità. Nulla di nuovo? No, a me pare un’apertura al confronto e al dialogo che è importante anche sul piano ecumenico, considerate le esperienze locali di incontro in vista dei matrimoni interconfessionali o delle veglie di preghiera contro la omo-transfobia.  È significativo che su queste tematiche si possa ragionare insieme, nella consapevolezza che molto ci unisce pur con alcune differenze antropologiche che trovano però adesso lo spazio per essere accolte, rispettate  e ascoltate, nel segno del pluralismo.