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Come anche il Mezzogiorno ebbe la sua Resistenza

La Resistenza non fu un fenomeno soltanto del Centro-Nord. Lo dimostra uno studio appena uscito di Giovanni Magnifico*: valdese di Orsara di Puglia, di professione chirurgo, da qualche anno in pensione, scrittore, predicatore e anche responsabile per due anni della chiesa valdese di Foggia, attualmente “predicatore itinerante” – si autodefinisce così – per il nord pugliese e la Lucania. Un bel daffare, dunque, se simpaticamente l’autore dedica uno specifico ringraziamento alla «mia amata moglie Maria Gadaleta che in più occasioni mi ha visto distratto e poco attento alle cure domestiche a causa del notevole impegno che mi ha totalmente assorbito in questi due ultimi anni».

Durante un Sinodo a Torre Pellice incontrai due giovani deputati siciliani che, avendo letto alcune delle interviste ai partigiani valdesi nei libri che stavo pubblicando, mi dissero mestamente: «Ah, noi però nel Sud non abbiamo avuto la Resistenza!». Al che snocciolai loro i soldati che, allo sfascio della IV Armata erano saliti in montagna, e i grandi capi come Barbato (siciliano), i fratelli Nicoletta (calabresi), Petralia e Scimè (anch’essi siciliani – il secondo meno noto, ma liberatore di Mondovì e medaglia d’argento, che ebbi l’onore di intervistare). Anni dopo ci fu l’importante studio di Claudio Dellavalle (Meridionali e Resistenza, 2013), presidente dell’Istituto storico della Resistenza di Torino, con tabelle e dati statistici, che evidenziava in oltre 6000 i meridionali che a vario titolo militarono nelle formazioni partigiane del Piemonte.

Con il suo lavoro, Magnifico ha dunque trovato il tempo e la dedizione per rispondere implicitamente all’affermazione di quei giovani di cui sopra. E lo ha fatto con competenza di lettore accanito (basta scorrere la densa bibliografia) e con passione, consapevole di non essere, come scrive egli stesso, uno storico di professione, ma con un obiettivo principale «eminentemente divulgativo», secondo l’intento di «far emergere la sofferenza, le distruzioni, le privazioni, la fame, le morti sempre gratuite dei civili e quindi del popolo». Ne risulta una scorrevole lettura, che non annoia, ma che coinvolge come può fare uno scrittore quando s’immerge nella rievocazione di fatti e personaggi che lo appassionano – come cittadino e in questo caso anche come credente, che non si esime (nota lo stesso autore) dall’esprimere dei giudizi etici, avendo la bussola di grandi figure come Bonhoeffer, a esempio.

Dopo una veloce carrellata di “memoria storica” dal dopoguerra a oggi – con l’amaro percorso di rievocazione delle stragi, della strategia della tensione e di tutti quei non risolti “misteri d’Italia” – Magnifico riflette su che cos’è Resistenza, a partire dalla citazione di Norberto Bobbio: «la Resistenza non è un episodio: è uno spirito perenne, un vento che continua a soffiare, una grande fiumana che continua a scorrere impetuosamente, è un modo di vivere e di capire le cose che unisce il passato al futuro, investe le nuove generazioni, alimenta le speranze dei popoli oppressi…».

Di qui si addentra alla rievocazione degli inizi, in val Pellice, dando ampio spazio a eventi e a figure (utilissime le schede biografiche in nota). L’autore dedica quindi gli ultimi tre capitoli a una ricerca, in gran parte inedita, della Resistenza al Sud, nelle varie regioni, soffermandosi anche sulle lotte sociali delle classi più emarginate, concludendo con un monito a non dimenticare, e riportando in chiusura le parole ai giovani di Roberto Malan, il grande comandante e commissario politico dei GL di cui ricorderemo l’anno prossimo il centenario dalla nascita (è dell’inizio 1920), insieme all’amico e compagno Poluccio Favout (che è della fine ‘19): «Sentiamo la loro riconoscenza e stima, e anche il desiderio di conoscere sempre meglio i motivi della nostra ribellione di allora. Non stanchiamoci di raccontarglielo. Non deludiamoli».

* Giovanni Magnifico Dal Sud al Nord. Una chiamata alla guerra partigiana del 1943-’45. Lecce, Youcanprint, 2019.