brexit-1478943_960_720

Verso le elezioni del Parlamento europeo

Combattenti della Resistenza, intellettuali, avvocati, i pionieri dell’integrazione europea erano un insieme eterogeneo di persone mosse da ideali e obiettivi condivisi: la pace, il decentramento, la laicità e la democrazia rappresentativa. Gli ideali di allora conservano intatti il loro valore di insegnamento nei confronti delle più giovani generazioni che si trovano oggi ad agire nell’ambito di scenari in costante e rapida evoluzione che non facilitano l’assunzione di una chiara identità di appartenenza a una comunità di individui, i cittadini, portatori di valori comuni e condivisi. Non vi è dubbio che nei giorni che stiamo vivendo e che precedono le elezioni per il rinnovo, dopo cinque anni, del Parlamento europeo questo senso di appartenenza trovi espressione prevalentemente nell’identità nazionale che ha riacquistato forza e, soprattutto, ambizione di esclusività.

C’è ancora spazio allora per un’identità europea? L’interrogativo impone una precisazione. Il sostantivo Europa e l’aggettivo europeo sono da attribuirsi, in realtà, a un continente ben più esteso, dal punto di vista geografico, e ben più complesso, dal punto di vista storico e culturale, di quanto sia l’Unione europea. Quest’ultima riunisce 28 Stati (27 se la vicenda Brexit troverà l’epilogo che si prefigura), ma ne lascia fuori diversi, tra i quali la Svizzera, la Norvegia, la Serbia e altri ancora. Se dovessimo rispondere alla domanda prendendo a riferimento l’identità tout court europea, non potremmo che affermare che noi tutti, oltre che italiani, tedeschi, francesi (ma anche svizzeri, serbi, albanesi, moldavi e islandesi), siamo europei. La storia ci rende tutti, nel bene come nel male del suo travagliato decorso, europei. Eppure, e qui sta il punto fondamentale, l’essere cittadini dell’Unione europea comporta un’identità che ha una natura specifica e, soprattutto, che è fatta di diritti e di doveri e non solo di ideali condivisi. L’Unione europea è, infatti, fondata su valori comuni (che sono certamente valori europei), ma è anche un ordinamento di regole primarie (i trattati istitutivi e la Carta dei diritti fondamentali) e di norme derivate (i regolamenti, le direttive, le decisioni) che introducono obblighi giuridici precisi e direttamente applicabili nei confronti delle autorità pubbliche, delle imprese e dei cittadini. La progressiva adozione di queste norme, che prendono il posto di quelle nazionali, favorisce una dura concorrenza tra le imprese e impone comportamenti onerosi e alti standard di qualità (a esempio, in materia ambientale) di cui, però, traggono beneficio i consumatori, ossia i cittadini. 

Questi eventi si accompagnano a un cambio generazionale epocale. La maggior parte degli oltre cinquecento milioni di persone che abitano l’Unione europea è nata dopo l’istituzione della Comunità economica europea (1957), le più giovani generazioni dopo che è entrato in circolazione l’Euro come moneta unica (2002). Coloro che sono nati dal 1990 in poi non hanno un ricordo diretto di eventi quali la caduta del muro di Berlino o l’implosione dell’Unione Sovietica e ne conservano uno molto vago e sbiadito delle valute nazionali (a cominciare dalla lira). I giovani cominciano, infine, a sentirsi non solo genericamente europei, ma consapevolmente cittadini dell’Unione europea. Votano per restare nell’Unione europea, come dimostrano i dati generazionali del referendum sulla Brexit, parlano una lingua comune, circolano liberamente e si sentono a casa loro nelle capitali dell’Unione. Nel solo 2018, grazie al programma Erasmus, quasi 38.000 studenti universitari italiani hanno frequentato con profitto Università di altri Stati membri e 26.000 studenti europei sono stati ospitati in Italia. 

I meno giovani hanno il dovere di accompagnare questa transizione virtuosaanche attraverso l’esercizio della trasmissione della memoria di quanto hanno vissuto direttamente (ormai pochi) o che è stato loro raccontato da chi l’ha vissuto direttamente (ancora molti) nei tormentati anni che hanno preceduto la decisione degli Stati europei, stremati dai conflitti, di imboccare una via alternativa al perseguimento dei soli interessi nazionali. Tale scelta ha condotto un numero crescente di Stati alla cooperazione stabile e pacifica tra loro fondata sui valori della democrazia, del rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali e della solidarietà. 

Il messaggio più importante, e coerente con gli ideali dei pionieri dell’integrazione europea, da trasmettere ai più giovani è, allora, quello che si può essere al tempo stesso cittadini italiani e dell’Unione europea con uguale orgoglio e senso di appartenenza e consapevoli portatori di un’identità composita e perciò più ricca. L’esercizio del diritto di voto, in occasione dell’ormai prossimo rinnovo del Parlamento europeo, assume così il suo vero significato e valore.