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Una giornata particolare

Nei giorni scorsi è esplosa nel dibattito politico la vicenda della professoressa Maria Dell’Aria, l’insegnante di italiano dell’Istituto industriale Vittorio Emanuele III di Palermo che era stata sospesa per quindici giorni dall’Ufficio scolastico provinciale perché accusata di non aver vigilato sui suoi alunni che in un video realizzato per la scuola avevano accostato le leggi razziali al decreto sicurezza, paragonando Benito Mussolini a Matteo Salvini. Una storia che contemporaneamente aveva attivato la rabbia e l’indignazione dell’intero mondo della scuola, il quale martedì scorso ha incrociato le braccia a partire dalle 11, interrompendo le attività scolastiche per leggere gli articoli 22 e 33 della Costituzione repubblicana, gli stessi che sanciscono appunto la libertà di pensiero e di insegnamento in Italia. E, mentre ciò accadeva, all’inizio della settimana, cento e oltre scuole in tutta Italia, da Nord a Sud, si erano attivate, su proposta e coordinamento della casa editrice Feltrinelli, per ricordare “lunedì 20 maggio nell’anniversario della nascita, Alessandro Leogrande”, giornalista e scrittore di rara qualità scomparso nella sua casa di Roma all’età di 40 anni nella notte tra il 26 e il 27 novembre del 2017. 
100 scuole per Alessandro Leogrande è il titolo dell’iniziativa con cui la casa editrice ne ha voluto custodire il ricordo, ma, soprattutto, renderne ancora viva la voce e le parole; ed è così che lunedì scorso in almeno cento scuole italiane sono stati letti e discussi in maniera collettiva le sue opere, i suoi scritti: dal libro La Frontiera  ai Vicere, da Fumo sulla città che racconta il “presente scomposto e il dramma socio ambientale di Taranto”, città natale in cui Alessandro Leogrande continuava a mantenere la residenza, al capolavoro di letteratura no fiction Uomini e Caporali, libro vincitore di diversi premi che, già nel 2008, raccontava  la tragedia del nuovo caporalato nelle campagne del “tavoliere di Puglia”, mostrando lo stillicidio continuo a cui venivano e in verità vengono ancora oggi sottoposti migliaia di braccianti stranieri i quali vivono in condizioni abitative, igieniche, lavorative e salariali, disumane. 
“Uomini e caporali, sulla tragedia dei nuovi schiavi, prima che ne parlassi tu erano ombre, non avevano nazionalità né nome. Li hai resi uomini e, aprendoci gli occhi, ci hai resi uomini”, così scrisse all’indomani della morte di Leogrande, lo scrittore Roberto Saviano; elogiando Uomini e Caporali, testo che spiegava in quel momento meglio di ogni altro quel Sud in perenne bilico tra arretratezza e modernità, ma che “si mostrava all’avanguardia nella gestione del nuovo mercato delle braccia. Un sud dinamico e immutabile, dove la terra si lavora ancora come 100 anni fa, quando ad essere sterminati, dalla malaria e dalla violenza dei proprietari terrieri, erano i braccianti pugliesi”. Come accade in quegli stessi luoghi, ancora oggi, e per cause in parte diverse, con i braccianti di origine straniera.    
È il racconto della storia che diviene presente. È il metodo una delle lezioni più significative che ci ha consegnato Alessandro Leogrande. Ed è quello che lunedì scorso mi è capitato di ricordare a decine di studenti, invitato a parlare di Leogrande e “dei suoi temi” in un liceo scientifico di Roma, il glorioso Cavour, insieme al magistrato e scrittore Gian Carlo De Cataldo e alla giornalista Annalisa Camilli. 
Grazie all’impegno delle docenti Bottiglieri e Daniela Liuzzi, organizzatrici dell’evento, è stata una giornata particolare, un’intera mattinata dedicata a un giornalista e scrittore spesso impegnato in diverse battaglie sociali,  molte delle quali oggi sono di grande attualità. Più in generale, è stata una giornata particolare quella che avrebbe coinciso con il compimento del quarantaduesimo anno di età da parte dello scrittore. Perché in cento scuole d’Italia, per un giorno, in contemporanea, si è parlato di caporali, mafie, riconoscimento di diritti per chi fugge da situazioni di guerre e povertà, in assenza di colui che è stato uno dei più grandi narratori italiani degli ultimi 20 anni, forse il giornalista che meglio di tutti “ha saputo raccontare la complessità”, come ha detto agli studenti del liceo Cavour, Gian Carlo De Cataldo, l’uomo che per primo ne aveva scoperto le capacità e così lanciato in qualche modo il talento di Alessandro Leogrande, lo scrittore che raccontava i mali e le ferite dei sud, dell’Italia e del mondo, con rabbia e con amore, guardando oltre l’apparenza ingannatrice della cronaca.