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Migranti Sea Watch, la Fcei scrive alle chiese europee, canadesi e americane

Il presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), pastore Luca Maria Negro, insieme a Paolo Naso e Fiona Kendall, rispettivamente coordinatore e legal advisor di Mediterranean Hope, programma rifugiati e migranti della Fcei, ha inviato una lettera alle chiese sorelle di Germania, Ungheria, Regno Unito, Canada, Stati Uniti, Grecia, Irlanda e Olanda per chiedere aiuto nell’accoglienza dei migranti salvati dalla nave Sea Watch e nella ricollocazione degli stessi.

«Facciamo appello a voi, come corpo di chiese e organizzazioni di fede, per aiutare a superare l’attuale impasse e fare pressione sui vostri governi per accogliere una quota di coloro che sono stati salvati la settimana scorsa e ora sono bloccati a Lampedusa – si legge nel testo della missiva, che prosegue -: Non sappiamo se e quando il governo italiano darà la responsabilità alla Fcei di accogliere questo specifico gruppo di migranti, ma, sia per questo che per altri nel prossimo futuro, desideriamo evidenziare che azioni dirette a facilitare il trasferimento rapido e sussidiato verso altri paesi europei potrebbe essere molto utile nell’implementazione di una governance più razionale e sostenibile delle migrazioni mediterranee».

«In varie occasioni chiese sorelle all’estero hanno espresso solidarietà nei confronti del lavoro di accoglienza svolto dalla Fcei in Italia e ci hanno chiesto in che modo sostenere la nostra azione – ha dichiarato Paolo Naso all’Agenzia di stampa Nev -. Con questa lettera le invitiamo a premere sui loro governi per favorire il trasferimento di quote di migranti che arrivano nei paesi europei geograficamente più esposti alle migrazioni dal Nord Africa – e quindi Italia, Spagna, Grecia e Malta – e la loro ricollocazione nel centro e nel nord dell’Europa. La novità sta nel fatto che questa volta abbiamo fatto un appello specifico per la ricollocazione di una quota dei 65 profughi soccorsi dalla Sea Watch e sbarcati a Lampedusa. Ovviamente la nostra azione dal basso deve unirsi a quella dall’alto del Governo italiano che deve esercitare le dovute pressioni perché almeno alcuni paesi ‘volenterosi’ accolgano una quota dei profughi, motivati però dal fatto che sanno che al loro interno chiese e agenzie ecumeniche sono pronte a farsi carico dell’accoglienza. In questo caso i numeri sono molto piccoli e le ricollocazioni sarebbero più che altro simboliche, ma la procedura avrebbe un carattere eccezionalmente innovativo: si supera il “muro” del regolamento di Dublino che trattiene i richiedenti asilo in Italia e nei paesi di primo approdo e si riconosce il ruolo della società civile europea in azioni di sponsorship dei rifugiati così come avviene, ad esempio, in Canada».