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Attraverso la tempesta

L’immagine della tempesta in Marco 4, 35-41 è stata rievocata, nell’ultimo incontro dei mezzi di comunicazione della Cepple, Conferenza delle chiese protestanti dei paesi latini europei (Parigi, 15-17 maggio), per rappresentare la condizione delle chiese nell’attuale contesto sociale, politico e religioso. Della Cepple fanno parte dall’Italia la Chiesa valdese, la Chiesa metodista e la Chiesa battista.

Una delle sfide è comunicare in modo convincente la nostra pluralità, non barricarsi dietro a una “voce unica” ma anche non suggerire un’immagine disgregata: puntare «sull’autenticità della vita concreta: la testimonianza, piuttosto che le argomentazioni», come ha sottolineato François Dermange, professore di Etica alla Facoltà autonoma di Teologia protestante dell’Università di Ginevra, nella sua relazione. Il professore ha messo in luce come, in un tempo in cui l’immagine della religione si è deteriorata e il cristianesimo è in crisi, sia necessario non tanto comunicare un ideale di vita cristiana quanto la capacità della fede di trasformare il nostro agire. Per la tradizione riformata, infatti, amore e giustizia sono inscindibili e quest’ultima precede sempre l’amore. Dobbiamo dunque rinunciare a una posizione normativa che non rispecchia la realtà e comunicare un rapporto con la Scrittura critico, autocritico e riflessivo. Più della parola affermativa conta il rapporto con il testo, il lottare insieme per comprendere la Parola che è sempre un corpo a corpo serrato, come quello di Giacobbe con l’angelo. Come per gli Ebrei, si tratta di valorizzare la pluralità delle posizioni anziché creare fronti contrapposti, articolando l’intelligenza con la fede. In questo senso la comunicazione deve essere anche un lavoro di formazione, una formazione all’apertura che ci consenta di dire cose profonde in maniera semplice. Per fare questo, ha sottolineato Dermange, è importante che le Facoltà di Teologia non siano distanti dalla vita delle chiese ma abbiano a cuore la formazione dei laici.

Del resto si è protestanti non per eredità ma per convinzione ed è tornando alla Bibbia con intelligenza e spirito critico che potremo cogliere meglio la complessità dell’esistente evitando ogni ideologia. Da qui il tema di questo quinto incontro, “Sfide etiche e amministrative della comunicazione delle chiese sul web”, che ha affiancato l’ambito dei valori etici e quello normativo per interrogarsi sulle implicazioni della presenza delle chiese sul web (siti Internet ma soprattutto social media). I lavori si sono concentrati su due temi in particolare, il codice deontologico e l’adeguamento dei vari paesi al Regolamento europeo sul trattamento dei dati personali, entrato in vigore un anno fa. La riflessione, condotta dal pastore Daniel Cassou, responsabile della comunicazione della Chiesa protestante unita di Francia (EpudF) a partire dal contesto francese, si è poi allargata al confronto con gli altri Paesi. È emersa da un lato la necessità di competenze tecniche per garantire a esempio la sicurezza nella conservazione dei dati (cartacei e informatici), possedute da pochi cassieri, presidenti di consigli di chiesa e pastori. Dall’altro si è sottolineata l’importanza di una formazione “pedagogica” per chi opera nelle chiese come volontario o dipendente. Il lavoro in gruppi condotto da François Thollon-Choquet, pastore in prova nella chiesa protestante unita del Belgio, a partire da alcuni casi, ha messo in luce le implicazioni di una mancanza di deontologia sul web, nello specifico da parte di pastori: dall’espressione di giudizi personali a danno della propria chiesa, alla cattiva gestione di conflitti, fino ad arrivare a risvolti disciplinari. Appare dunque evidente quanto l’aspetto “etico” e quello “amministrativo” siano collegati, investendo questioni fondamentali come il rispetto delle persone, il senso di comunità, la condivisione di momenti lieti e difficili della vita dei membri di chiesa, la responsabilità personale, la trasparenza nella gestione della vita della chiesa… Aspetti che esulano dal mondo di Internet (pensiamo alle circolari, agli elenchi delle contribuzioni) e in questo periodo si scontrano con la normativa statale, non solo in Italia. Particolarmente utile, ancora una volta, lo scambio di esperienze: nonostante i contesti nazionali ed ecclesiastici diversi, le somiglianze sono sorprendenti.

L’auspicio del gruppo è quindi di proseguire il percorso, con lo scambio di buone pratiche e materiali, coinvolgendo le chiese dei vari paesi, potenziando la consapevolezza di questa bella rete europea. La speranza è che, in assenza di una nuova convocazione, l’esigenza di ritrovarsi, magari su un tema specifico (i giovani nelle chiese? Immigrazione e multiculturalità?), emerga dal gruppo, che negli anni ha consolidato il suo legame.