viva-radio-radicale-mauro-biani-2018

Radio Radicale. Perché va difesa e perché la vogliono chiudere

Radio Radicale la conoscono un po’ tutti, e in tanti la ascoltano: vuoi per la rassegna stampa mattutina; vuoi per i dibattiti parlamentari trasmessi integralmente e senza censura; vuoi perché trasmette «speciali giustizia» eccellenti; o perché illumina zone del mondo spesso e volentieri dimenticate, dal Tibet alla Turchia, dall’Africa equatoriale all’India; vuoi perché tutti congressi e le manifestazioni di partito, sindacato, movimento, senza discriminazione alcuna, vengono trasmessi integralmente; vuoi perché segue tutti gli eventi culturali…  Come dicono due fortunati slogan: «Dentro, ma fuori dal Palazzo»; e «In una voce, tutte le voci». 

    Perché, dunque, s’intende chiudere un’emittente come Radio Radicale negandogli il finanziamento nell’ambito di una convenzione stipulata da anni e che prevede, appunto, l’obbligo di diffondere i lavori delle istituzioni, dei nostri rappresentanti a Camera e Senato?

La risposta credo sia possibile trovarla proprio nella domanda stessa.

Conoscere consente di scegliere di sapere e di giudicare. Dalla notte dei tempi il Potere e i poteri, temono il sapere e la conoscenza. Com’era? Cogito, ergo sum. Ma per pensare (e di conseguenza dubitare) occorre sapere. Senza la conoscenza, tutto il fragile castello della democrazia cade, si frantuma, si dissolve…

   Dunque, che cosa succede sul fronte della «Radio Radicale»?

In tanti si mobilitano per difendere questo piccolo avamposto di libertà e di democrazia.

Vito Crimi, il sottosegretario del Movimento 5 stelle con delega all’editoria (e che, audito dalla Commissione Parlamentare di Vigilanza, ha ammesso «di essere incompetente»), ritiene che l’emittente debba essere chiusa, tuttavia la convenzione è stata stipulata tra la radio e il ministero dello Sviluppo Economico (Mise) e dunque dovrebbe essere il ministro Di Maio a prendere questa decisione. La cosa, dunque, è davvero surreale: come può un esponente del governo intervenire in un luogo istituzionale e riferire la posizione del Governo di cui fa parte, ma al tempo stesso parlare a titolo personale? É un qualcosa di surreale che neppure Eugene Ionesco avrebbe saputo immaginare. 

   Nel frattempo, la Lega ha presentato un emendamento che, se accolto, consentirebbe «una boccata di ossigeno a Radio Radicale», circa tre milioni e mezzo di euro per una «transizione» di sei mesi; il tempo necessario per sbrogliare la matassa o per indire una gara d’appalto per assicurare il servizio pubblico di Radio Radicale”, o in via subordinata un’assai più complicata e complessa trattativa con la Rai.

L’emendamento della Lega, presentato da Massimiliano Capitanio, tutto può essere, ma di certo non un’iniziativa personale.

    Il sottosegretario Crimi dopo la presentazione dell’emendamento ha affermato: «All’improvviso si sono riscoperti amanti di Radio Radicale» e sbotta «non mi pare siano stati così benevoli nei loro confronti in passato… forse lo fanno per cercare di trovare un po’ di accoglienza da parte degli altri partiti» ma ricordo che quel suo draconiano «no a Radio Radicale», non è condiviso unanimemente all’interno del suo partito.

Luigi Di Maio, dopo giorni di silenzio e indifferenza (da ministro del Lavoro non ha neppure ricevuto una delegazione dei lavoratori – un centinaio – dell’emittente), ora è possibilista. Dev’essersi reso conto che conviene essere prudenti; che le posizioni oltranziste non sono poi così popolari; che Radio Radicale per quanto sia una radio «di nicchia» per addetti ai lavori, politici, giornalisti e intellettuali, possiede un pubblico esigente, influente, in grado di inaspettate mobilitazioni; anche ora che Marco Pannella non c’è più, dal quel 19 maggio di tre anni fa. Una data ricordata ieri in tutta Italia, e oltre, per celebrare con attestati di stima e di affetto «l’irregolare Pannella» giunti al leader radicale da parte di tante persone e autorità.

Un altro «piccolo» segnale di vicinanza e di sostegno è arrivato recentemente anche dal senatore Primo Di Nicola (anche lui del Movimento 5 stelle e componente della Commissione di Vigilanza) schieratosi apertamente a favore di Radio Radicale

   Dunque potrebbe accadere l’ennesimo miracolo. Fragile, precario, che non autorizza a cullarsi sugli allori: perché si tratta di una proroga di appena sei mesi; il futuro è ancora incerto. 

  Anche Roberto Giachetti, deputato doppia tessera Pd e radicale, ha annunciato l’inizio di uno sciopero della fame e della sete, con l’obiettivo di scongiurare la chiusura dell’emittente.

   Nel mare magnum delle solidarietà è arrivata anche quella significativa dei mezzi di comunicazione delle chiese protestanti e evangeliche in Italia: il settimanale Riforma e il suo quotidiano on line; l’Agenzia stampa NEV – Notizie evangeliche e Radio Beckwith Evangelica: la chiusura ipotizzata di Radio Radicale è «un grave vulnus alla nostra democrazia» hanno affermato; e la solidarietà di una parte del sindacato: i metalmeccanici della Fim Cisl, per «Una voce critica e libera del panorama dell’informazione del paese, un patrimonio di pluralismo e di memoria che va tutelato».

   In tutto questo groviglio, viene in mente una poesia di Giovanni Pascoli, L’Aquilone: «C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole/anzi d’antico: io vivo altrove, e sento/che sono intorno nate le viole…».

    Sì. Con buona pace del sottosegretario «pentastellato», «c’è qualcosa di nuovo…».

Radio Radicale fa parte di quel generale «universo» d’altri tempi.

Speriamo futuri.

Disegno per gentile concessione di Mauro Biani