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Investire in cultura contro i fascismi e l’ignoranza

Con un lungo applauso si è concluso il 32° Salone internazionale del libro di Torino, un’edizione da record per la partecipazione e per le polemiche. Quest’anno ospite era la lingua spagnola, a dimostrazione di quanto i confini nazionali possano essere superati attraverso l’encuentro.

I media hanno parlato diffusamente delle polemiche nate intorno all’esclusione di un editore dichiaratamente neofascista che, con abbondanza di frasi provocatorie e un’escalation di tensione, ha infestato l’apertura del Salone che si è poi trasformata in una grande festa. Vorrei brevemente testimoniare quelle ore di disagio che hanno accompagnato il riposizionamento dello stand dal nuovo padiglione Oval a una zona più defilata tra il Ministero della Difesa e il Coordinamento degli istituti culturali del Piemonte di cui la Società di Studi Valdesi fa parte. Insieme ad essa, gli istituti storici per la Resistenza, il Centro Unesco, le Accademie storiche della città, fondazioni, centri studi e altre istituzioni che rappresentano un presidio culturale di democrazia in città e nella regione.

E’ così che ci siamo interrogati sull’opportunità di questa scelta, da alcuni accolta con apertura e coraggio, da altri temuta con preoccupazione fino alla decisione del Comitato di indirizzo, in primis Comune e Regione, di escludere la casa editrice a questa edizione, dopo che una serie di scrittori avevano annunciato la cancellazione degli eventi, in aperto dissenso, innanzitutto Halina Birenbaum sopravvissuta alla Shoah. Alla fine, la sua vibrante e commossa testimonianza ha inaugurato il Salone – in una sala gremita che le ha dedicato un lungo applauso – insieme alla lezione sull’Europa di Fernando Savater: entrambi hanno volato alto, dimostrando il valore della storia e della memoria, ma ancor più del futuro di convivenza che attende le giovani generazioni, se ne saranno capaci. Non quindi una tolleranza in astratto ma una pratica del dialogo che ha le sue regole affinché la democrazia possa farsi strada nel concreto della vita sociale e comunitaria.

Il Salone negli anni si è trasformato da una fiera di editori a una manifestazione culturale di ampio respiro che coinvolge tutta la filiera del libro, soprattutto la comunità di lettori e lettrici che sono anche cittadini. Con questa consapevolezza e nonostante le polemiche – o forse proprio per questo – il Salone ha saputo esprimere molte riflessioni sulla democrazia e sul pluralismo, nel centenario della nascita di Primo Levi a cui è stato riservato più di un incontro. Interessante è stata l’iniziativa della casa editrice Laterza che ha invitato a scrivere su un foglietto “Chi è fascista”, dal titolo di un libro di Emilio Gentile che nella sua lezione ha messo in guardia rispetto al “pericolo fascista”, possibile ennesima distrazione: la democrazia è debole innanzitutto a causa della crisi della rappresentanza e sta a noi vigilare. Nei biglietti si leggono tra gli altri termini quali esclusione, intolleranza, monopolio, ignoranza, violenza e sopraffazione.

Dal dibattito che serpeggiava tra gli stand, alcuni dei quali avevano esposto lo sticker antifascista, emerge che seppur gli episodi di neofascismo non abbiano nulla a che vedere con il fascismo storico, è urgente rimettere al centro la Costituzione e arginare o isolare coloro che inneggiano impunemente alla dittatura, anche su internet. Conclusa questa edizione, le polemiche andranno avanti ma più sensato sarebbe pensare a come portare avanti l’intenzione di investire in cultura per allargare la lettura, in un Paese che ha percentuali tra le più basse in Europa.