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Fede e religione in Leonardo

«… vedendosi vicino alla morte, disputando de le cose catoliche, ritornando nella via buona, si ridusse a la fede cristiana con molti pianti. Laonde confesso e contrito, se bene è non poteva reggersi in piedi, sostenendosi nelle braccia de’ suoi amici e servi, volse divotamente pigliare il Santissimo Sacramento fuor del letto. Sopraggiunseli il re che spesso et amorevolmente lo soleva visitare; per il che egli per riverenza rizzatosi a sedere sul letto, contando il mal suo e gli accidenti di quello mostrava tuttavia quanto aveva offeso Dio e gli uomini del mondo, non avendo operato nell’arte come si conviene». È un passaggio dello scritto di Giorgio Vasari sulla vita di Leonardo da Vinci (edito a Firenze nel 1550). Il ritorno all’ovile. In questo ultimo gesto Leonardo fu uomo del suo tempo in cui era inconcepibile vivere (e soprattutto morire) fuori dal controllo sociale che esercitava santa madre Chiesa. Leonardo si spense il 2 maggio 1519 nel castello di Cloux, presso Amboise, dove si era recato, nell’autunno del 1516, su invito di Francesco I re di Francia, ammiratore e amico del geniale artista. Tra le pagine vasariane, oltre alle lodi (« … la fama del suo nome tanto s’allargò, che non solo nel suo tempo fu tenuto in pregio, ma pervenne ancor molto più ne’ posteri dopo la morte»), compare anche un acuto giudizio sull’artista. «Tanti furono i suoi capricci, che filosofando de le cose naturali, attese a intendere la proprietà delle erbe, continuando et osservando il moto del cielo, il corso de la luna e gli andamenti del sole. Per il che fece ne l’animo un concetto sì eretico, che è non si accostava a qualsivoglia religione, stimando per avventura assai più lo essere filosofo che cristiano». Non a caso Raffaello, tra il 1508 e il 1512, affrescando le pareti della Stanza della segnatura in Vaticano, nella composizione raffigurante la Scuola d’Atene ha voluto ritrarre Leonardo nelle vesti di Platone.

Potremmo dire, in termini moderni, che Leonardo fu un laico libero pensatore che non risparmiò critiche severe nei confronti del clero e dei cristiani del tempo. A quest’ultimo proposito, con stile boccaccesco, annota: «Molti che tengono la fede del figliolo e solo fan templi in nome della madre». Oppure, a proposito dei frati che vendono il paradiso: «pacificamente cose di grandissimo prezzo, senza licenza del padrone di quelle» o, a proposito di coloro che vendono crocifissi e reliquie, «Io vedo di nuovo venduto e crocifisso Cristo, e martirizzare i sua santi».

Dimostrare l’irreligiosità di Leonardo è esercizio facile. Osservando i suoi dipinti, la dolcezza dei volti di madonne senza aureola e gli accurati paesaggi naturali che le incorniciano, cogliendo nel Cenacolo non tanto l’ovvietà del momento eucaristico ma l’attimo drammatico del «Qualcuno di voi mi tradirà» e altri elementi che non ho qui spazio di citare, Leonardo, confesso, mi edifica. Quella sua irrefrenabile, libera passione di esplorare il creato e i suoi infiniti movimenti, cercando di cogliere ciò che tiene insieme il tutto, ci consegna una sorta di armonia divina, una singolare teologia illustrata della creazione. Il naturismo leonardesco fa proprio lo sguardo del salmista: «Quand’io considero i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai disposte, che cos’è l’uomo perché tu lo ricordi?…» (Salmo 8, 2). Egli stesso scrisse: «O speculatore delle cose, non di laldare [lodare, ndr] di conoscere le cose che ordinariamente di per sé medesima la natura conduce, ma rallegrati di conoscere il fine di quelle cose che sono disegnate dalla mente tua». Il confronto tra fede e ragione ritma tutta la sua produzione artistica, lasciando spazio allo scontro tra fede e la religione del secolo precipitata nell’abisso. I tempi erano ormai maturi per un radicale cambiamento. Quello che inaugurerà l’inizio dell’età moderna. Proprio quando Leonardo muore, due anni dopo l’affissione delle Tesi in Sassonia…