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Basilea 1989: i cristiani sono tutti pontefici

Trent’anni fa, il 15 maggio 1989, si apriva a Basilea la prima Assemblea ecumenica europea sul tema “Pace nella giustizia”, ispirato al Salmo 85: “Giustizia e pace si abbracceranno”. Per la prima volta da secoli – dai tempi del Grande Scisma tra Oriente e Occidente (1054) e della Riforma protestante – oltre 600 delegati ufficiali delle tre grandi confessioni cristiane – ortodossi, cattolici e protestanti – si ritrovavano insieme per un’assemblea comune. Ma era anche la prima volta che si riunivano cristiani di tutti i paesi d’Europa.

Il messaggio conclusivo dell’Assemblea si apre infatti constatando che delegati “dell’est e dell’ovest, del nord e del sud si sono incontrati attraversando confini confessionali e politici che solo poco tempo fa sembravano insormontabili. Per quanto possano essere profonde le ferite del passato dell’Europa, i legami che ci uniscono in Cristo si sono dimostrati più forti. Sta crescendo una comunione che conferma la nostra speranza e per questo rendiamo grazie a Dio” (§ 1). In effetti la speranza di Basilea divenne realtà appena sei mesi dopo, con la caduta del muro di Berlino, il 9 novembre 1989.

Una caduta che, si potrebbe affermare, a Basilea fu profeticamente anticipata dalla “marcia per la pace” che attraversò tre paesi confinanti (Svizzera, Germania e Francia) e a cui, in via del tutto eccezionale, fu possibile partecipare per tutti i delegati, anche quelli provenienti dal blocco dei paesi dell’est. Pace nella giustizia, superamento dei confini, abbattimento dei muri di separazione: le speranze della prima Assemblea ecumenica europea continuano a costituire l’orizzonte in cui sono chiamati a lavorare i cristiani d’Europa, a qualunque chiesa e a qualunque paese appartengano. In un’Europa in cui tornano le tentazioni della frammentazione, dell’autoreferenzialità, in cui si tornano a costruire muri, sia materiali che virtuali, i cristiani non possono che essere operatori di pace e costruttori di ponti: i cristiani sono tutti dei “pontefici”, nel senso letterale del termine.

Ce lo ricorda un recente documento della Conferenza delle chiese europee, intitolato “L’Europa è il nostro futuro”, affermando che “le chiese sono impegnate nella costruzione di un’Europa migliore e nel sostegno al progetto europeo per perseguire i valori condivisi e il bene comune. Cerchiamo di costruire ponti per superare divisioni storiche e aumentare il senso di responsabilità nei confronti del mondo. Di fronte ai conflitti, siamo chiamati ad agire come strumenti di riconciliazione e a lottare contro l’oppressione” (dal documento “L’Europa è il nostro futuro”, KEK e CCME 2019).